Nei primi sei mesi del 2025, il vino italiano ha dimostrato una sorprendente capacità di resilienza, nonostante un contesto globale complesso. Secondo i dati forniti dall’Istat e analizzati nel Report Wine Monitor di Nomisma, le esportazioni di vino italiano hanno registrato un incremento positivo, seppur contenuto. A livello mondiale, il valore delle esportazioni italiane è aumentato dell’1,5%, raggiungendo 2,8 miliardi di euro, mentre il volume ha visto una crescita del 2,1%, corrispondente a 703,5 milioni di litri. Questi dati superano la media del mercato globale, che ha visto un incremento del +1,4% in valore, per un totale di 10,6 miliardi di euro di importazioni, ma un calo del -1,3% in volume, per 2,8 miliardi di litri.
Andamenti nei mercati di esportazione
L’analisi del report di Nomisma mette in evidenza andamenti non omogenei nei diversi mercati. Gli Stati Uniti, che rimangono il principale mercato per il vino italiano, hanno vissuto una fase di flessione nel secondo trimestre del 2025. Dopo un primo trimestre eccezionale, dove le importazioni avevano segnato un +22% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, il periodo aprile-giugno ha visto una contrazione del -7%. Questo cambiamento è in parte attribuibile alla fine dell’accumulo di scorte da parte degli importatori, in previsione dell’entrata in vigore dei dazi imposti dall’amministrazione Trump.
Denis Pantini, responsabile di Nomisma Wine Monitor, ha sottolineato l’importanza per le aziende vitivinicole italiane di monitorare le dinamiche globali e valutare la possibilità di diversificare i mercati di sbocco. La situazione attuale richiede un’attenta pianificazione strategica, soprattutto in attesa della pronuncia della Corte d’Appello degli Stati Uniti sulla legittimità dei dazi, a seguito di una causa intentata da alcuni operatori locali.
Crescita in mercati emergenti
Anche in Canada, le esportazioni di vino italiano hanno mostrato segni di crescita, con un incremento di quasi l’11% nei primi sei mesi del 2025, per un valore di 206,3 milioni di euro e 35,7 milioni di litri. Questo aumento è stato favorito dalla sostituzione dei vini statunitensi, il cui mercato ha subito un crollo di oltre il 65% a causa delle tariffe imposte. In Germania, un altro mercato chiave, i vini italiani hanno registrato una performance positiva, con un incremento del 10,3% a valore, raggiungendo 522 milioni di euro, e una crescita del 1,8% in volume.
Contrariamente a queste buone notizie, il Regno Unito ha visto un calo del 7,3% nell’importazione di vini italiani, così come anche la Svizzera, la Francia, la Norvegia, la Cina e la Corea del Sud hanno registrato flessioni significative. In particolare, la Cina ha visto una diminuzione dell’8,5%, evidenziando le sfide che i vini italiani affrontano in alcuni mercati emergenti.
Opportunità per il futuro
Tuttavia, ci sono anche segnali di ottimismo. Giappone, Australia e Brasile hanno mostrato un incremento nelle importazioni di vino italiano, con tassi di crescita rispettivi del +0,7%, +7,1% e +7,9%. Questi mercati rappresentano opportunità significative per l’industria vitivinicola italiana, a patto che le aziende siano pronte a investire in strategie di lungo termine per stabilirsi in modo solido.
Per quanto riguarda le categorie di vino, gli spumanti italiani hanno visto una crescita più lenta, con un incremento cumulato dello 0,8% a valore e del 6% a volume. Ma alcuni mercati, come il Giappone, gli Stati Uniti e la Cina, hanno registrato le crescite più dinamiche, con tassi di crescita rispettivamente del 12%, 6,7% e 6,3%. Al contrario, il Regno Unito ha evidenziato un calo del 6,6% a valore, mentre anche altri mercati come la Francia e l’Australia hanno mostrato segni di contrazione.
In questo contesto, Pantini ha messo in evidenza il rischio di una contrazione del mercato statunitense, che potrebbe avere ripercussioni significative per l’export vitivinicolo italiano. Con i consumi interni già in rallentamento, una flessione del mercato statunitense non potrebbe essere facilmente compensata dalla crescita di altri mercati, che spesso presentano dinamiche di sviluppo più lente e meno capacità di assorbimento.
Le aziende vitivinicole italiane dovranno quindi affrontare la sfida di diversificare i loro mercati di sbocco, investendo in strategie di lungo periodo per radicarsi in nuove aree geografiche. Questo processo richiede tempo e risorse ed è fondamentale per garantire una crescita sostenibile nel futuro.