
Export agroalimentare italiano in crescita dell'8%: come affrontare il calo dei consumi e i dazi
L’industria agroalimentare italiana sta attraversando un periodo di grande incertezza, caratterizzato da un calo dei consumi interni e dalla minaccia di dazi imposti dagli Stati Uniti. Questi fattori rappresentano un autentico spauracchio per l’export, ma, sorprendentemente, i dati recenti mostrano che nel 2024 l’Italia ha superato i 67 miliardi di euro di esportazioni di prodotti agroalimentari, con un incremento dell’8% rispetto all’anno precedente. Questo risultato ha consentito al nostro paese di emergere rispetto ai principali concorrenti sul mercato internazionale, anche se il futuro rimane incerto, specialmente a causa dell’introduzione di dazi USA.
Le sfide del settore agroalimentare
Secondo Denis Pantini, responsabile Agrifood e Wine Monitor di Nomisma, l’agroalimentare è un settore anticiclico, il che implica che, in teoria, dovrebbe risentire meno delle tensioni economiche. Tuttavia, il 2024 ha portato con sé diverse sfide, principalmente a causa dell’inflazione che ha colpito l’Italia nei bienni 2022-2023. Questo fenomeno ha ridotto la capacità di spesa delle famiglie italiane, costrette ad affrontare un contesto economico difficile. Negli ultimi quattro anni, le vendite di prodotti alimentari in Italia hanno mostrato una crescita in termini di valore, ma un calo in termini di volume, indicando che i consumatori, pur spendendo lo stesso ammontare di denaro, hanno acquistato meno prodotti.
Le vendite di prodotti alimentari hanno registrato le seguenti tendenze:
- Crescita in valore: Le vendite hanno mostrato un aumento in termini monetari.
- Caldo in volume: I consumatori hanno acquistato meno prodotti, nonostante la spesa rimasta costante.
Il consumo fuori casa e le nuove dinamiche
L’analisi di Pantini evidenzia anche l’incertezza che grava sui consumi fuori casa, un segmento cruciale per il comparto agroalimentare. Dopo un’iniziale ripresa post-lockdown, il consumo fuori casa ha cominciato a rallentare, principalmente a causa dell’aumento continuo dei prezzi e dei redditi familiari che non riescono a tenere il passo. Questo ha portato i consumatori a prestare maggiore attenzione ai prezzi e a cercare sconti e promozioni. Non sorprende quindi che i discount stiano registrando una crescita significativa.
L’export e il futuro del Made in Italy
I dati sull’export agroalimentare italiano rivelano una crescente attenzione verso i mercati esteri, non solo da parte delle grandi aziende, ma anche delle piccole imprese che cercano di diversificare le proprie opportunità di mercato. In Italia, il panorama è composto da oltre 50.000 aziende nel settore alimentare e delle bevande, delle quali solo circa il 15% ha più di 10 dipendenti. Questo rappresenta un universo di piccole e medie imprese che spesso si trovano escluse dai mercati globali.
Per supportare il settore e valorizzare i prodotti Made in Italy, Pantini sottolinea l’importanza dei consorzi e della presenza di ristoranti italiani all’estero, che fungono da promotori delle nostre eccellenze. Questa situazione è particolarmente evidente in Europa e nelle Americhe, mentre in Asia la presenza è molto meno significativa. Un altro aspetto critico è il ruolo delle catene distributive: l’Italia, a differenza della Francia, non dispone di insegne attive sui mercati internazionali, il che rappresenta un gap competitivo rilevante.
Attualmente, l’industria agroalimentare deve affrontare dazi del 10%, che, sebbene più elevati rispetto al passato, risultano comunque inferiori a quelli imposti da altri paesi come Cina e Brasile. Tuttavia, se i dazi dovessero salire al 20%, come paventato da Donald Trump, il panorama potrebbe cambiare drasticamente. Pantini solleva una questione cruciale: dove finiscono i prodotti italiani, se nel carrello della spesa o sulla tavola di un ristorante? La risposta a questa domanda è fondamentale per comprendere l’impatto che i dazi potrebbero avere sulle vendite.
In un contesto di crescente protezionismo, i ristoratori potrebbero cercare alternative più convenienti per i loro ingredienti, mentre il marchio Made in Italy potrebbe ancora riuscire a mantenere una certa forza. Tuttavia, le preoccupazioni sono legittime e motivate, soprattutto considerando le difficoltà già esistenti nel mercato europeo. La Germania, in particolare, rappresenta il nostro principale sbocco per il food & beverage, e qualsiasi aumento dei costi potrebbe riflettersi negativamente sul consumatore tedesco che acquista i prodotti italiani.
In questo clima di incertezze, è fondamentale diversificare i mercati di esportazione, anche se ciò richiede tempo e investimenti. L’industria agroalimentare italiana, con le sue tradizioni e la sua ricchezza di prodotti, ha una potenzialità enorme che può e deve essere sfruttata per affrontare le sfide future. L’attenzione verso l’estero, l’innovazione e la sostenibilità sono elementi chiave che possono guidare il settore verso un nuovo rinascimento, nonostante le difficoltà attuali.