Il mondo degli alcolici asiatici affascina sempre più appassionati, ma spesso i termini vengono confusi: cosa distingue davvero Shochu e Sake? E come si inserisce il Soju in questo panorama? Per comprenderlo bisogna partire dall’origine dei prodotti e dai loro metodi di produzione, perché dietro questi nomi ci sono secoli di storia e tradizioni molto diverse.
Le basi: fermentato contro distillato
Prima distinzione fondamentale: il Sake non è un distillato, ma un fermentato. I giapponesi lo chiamano “Nihonshu” e nasce dalla fermentazione del riso in acqua tramite microorganismi selezionati. Ha radici antichissime, circa due millenni, e si è sviluppato soprattutto nelle aree del Giappone in cui l’inverno rigido permetteva di controllare le fermentazioni.
Lo Shochu, invece, è un distillato: in termini semplici, si può paragonare al rapporto tra brandy e vino. La sua storia è molto più recente e probabilmente ha avuto origine nel sud del Giappone quando la tecnica della distillazione arrivò tra XII e XIV secolo. Secondo alcune ipotesi inizialmente veniva ricavato dal Sake o persino dai residui della sua pressatura.
Un trio che ha conquistato il mondo
Nonostante le differenze, Sake, Shochu e Soju hanno percorso lo stesso viaggio: nati in Asia, oggi sono protagonisti di cocktail bar e ristoranti di tutto il mondo. Il loro consumo sta crescendo rapidamente e la mixology internazionale li utilizza sempre più spesso come alternative a distillati più comuni. Ciò che li accomuna è quindi il successo globale, ma le materie prime e i processi produttivi restano molto diversi.
Soju: la Corea nel bicchiere
Il Soju è un distillato coreano che, nelle sue origini, era prodotto principalmente dal riso. Dopo la guerra di Corea, le norme che vietavano la distillazione del riso costrinsero i produttori a utilizzare altre materie prime come tapioca, patate dolci e grano. Il risultato è uno spirito dal gusto neutro, simile alla vodka ma con gradazione molto più bassa: tra il 20% e il 34%.
In alcune parti del mondo — come in California e New York — il Soju sotto il 24% è venduto con licenze più leggere, come quelle previste per birra e vino. Tradizionalmente viene bevuto liscio e abbinato ai pasti, ma è diffuso anche in cocktail semplici come il Soju Bomb, ottenuto combinando distillato e birra.
Shochu: il distillato giapponese dalle mille varianti
Lo Shochu, arrivato stabilmente in Giappone almeno 500 anni fa, ha una gradazione moderata, in genere tra 25% e 30%. Può essere ottenuto da riso, orzo o patata dolce, elemento che influisce molto sul sapore finale. Il termine honkaku shochu identifica la categoria di qualità più alta, prodotta con una singola distillazione.
In drink e miscelazione può sostituire i distillati classici: un Martini o un Negroni preparati con Shochu offrono un profilo aromatico del tutto diverso. Si può gustare anche con ghiaccio, allungato con acqua o bevande alla frutta, oppure con bollicine come il prosecco, che abbassano ulteriormente la gradazione.
Sake: il fermentato giapponese più celebre
Il Sake è probabilmente il più noto tra i tre, molto diffuso sia in Giappone sia nei ristoranti giapponesi di tutto il mondo. In Italia accompagna spesso il sushi, anche se nella tradizione nipponica l’abbinamento non è così rigido.
Può essere servito freddo, caldo o a temperatura ambiente: quest’ultima è generalmente la modalità migliore, mentre il servizio caldo è spesso riservato ai prodotti di qualità inferiore. A differenza di quanto molti credono, non è un “vino di riso”, ma una bevanda più vicina alla birra per processo produttivo, basato sulla fermentazione con lieviti e con le muffe del koji.
Il suo profilo può essere più o meno secco, espresso dal Sake Meter Value, una scala da –15 a +15: più il valore è alto, più la bevanda risulta secca.
Differenze e somiglianze a colpo d’occhio
La distinzione geografica è chiara: il Soju è coreano, mentre Shochu e Sake sono giapponesi. Sul piano tecnico, Soju e Shochu sono distillati, mentre il Sake è un fermentato. Anche il consumo cambia: lo Shochu è ideale da bere da solo, mentre Soju e Sake si abbinano facilmente ai pasti. In comune hanno gradazioni moderate e la crescente popolarità nella mixology contemporanea.
Un mondo da esplorare
Che si preferisca un distillato morbido come lo Shochu, la pulizia aromatica del Soju o la complessità fermentata del Sake, questi tre prodotti offrono un viaggio affascinante attraverso sapori e tradizioni asiatiche. Per chi vuole avvicinarsi alla cultura del bere orientale, sono il punto di partenza perfetto.
