Milano, 14 novembre 2025 – Il pokè, il piatto simbolo della cucina hawaiana, ha conquistato l’Italia e il mondo, diventando un vero e proprio fenomeno globale. Secondo Cross Border Growth Capital, nel 2020 il giro d’affari dei pokè bar ha toccato i 1,74 miliardi di dollari a livello internazionale, con previsioni che lo portano a sfiorare i 2,9 miliardi nel 2024. Un successo che continua a correre, spinto da nuovi modi di mangiare e da una crescente attenzione alla salute.
Il boom dei pokè bar in Italia
In Italia la diffusione dei pokè bar è stata rapida e capillare. Nel report “Il mercato del pokè in Italia” di Cross Border Growth Capital si contano 378 locali: 237 sono indipendenti, mentre 141 fanno parte delle grandi catene. Milano, Roma e Torino sono in testa per numero di locali specializzati. La catena che fa più fatturato è Poke House, che di recente ha chiuso un finanziamento da 20 milioni di euro con il supporto di Eulero Capital, FG2 e Milano Investment Partners. Un’iniezione di risorse per rafforzare la presenza del brand in Europa.
Altri nomi come Pokeria by Nima, I Love Pokè e Matcha Poke si giocano la fetta di mercato, puntando su un mix tra negozi propri e franchising. “Il settore è in piena espansione – ha detto Andrea Casati, Vice President di Cross Border Growth Capital – e le prospettive di crescita restano molto solide”.
Numeri e tendenze del delivery
Il successo del pokè si vede anche nel food delivery. Nel 2020 è stato l’ottavo piatto più ordinato a domicilio in Italia, con una crescita superiore al 133% rispetto all’anno prima. Il fatturato nel nostro Paese è passato da 86 milioni di euro nel 2020 a 98 milioni nel 2021, con una stima che arriva a 143 milioni nel 2024. Un trend che riflette il cambiamento nelle abitudini alimentari degli italiani, sempre più orientati verso piatti pratici, freschi e facili da portare.
Ingredienti, salute e personalizzazione
Che cosa rende il pokè così amato? Prima di tutto, la possibilità di creare la propria bowl scegliendo tra tanti ingredienti: dal classico pesce crudo – salmone o tonno tagliati a cubetti, come vuole la tradizione hawaiana – a versioni con carne, tofu o seitan. “Pokè significa proprio ‘tagliato a pezzi’ in hawaiano”, ricorda Casati. La qualità del pesce è fondamentale: deve essere freschissimo e abbattuto per garantire la sicurezza.
Dal punto di vista nutrizionale, il pokè si distingue per le poche calorie – circa 70 grammi di pesce a porzione – e per l’uso di ingredienti “fitness”. Secondo Cross Border Growth Capital, più della metà dei consumatori nel mondo tra il 2020 e il 2021 ha mostrato una maggiore attenzione alle scelte alimentari rispetto a dieci anni fa. Una tendenza che si riflette nella preferenza per piatti sani e personalizzabili.
Social network e nuove abitudini
Non è solo questione di salute: il pokè è diventato un fenomeno social. Le bowl colorate e curate sono tra i piatti più fotografati su Instagram e TikTok. “Il pokè risponde perfettamente al bisogno di personalizzazione e condivisione tipico dei social”, spiega Casati. La possibilità di scegliere ogni ingrediente, unita alla praticità di mangiarlo freddo, lo rende ideale per chi vuole qualcosa di veloce senza rinunciare alla qualità.
Durante la pandemia da Covid-19, il pokè ha trovato terreno fertile grazie alla sua facilità di consegna a domicilio. “La praticità ha giocato un ruolo chiave – ammette Casati – ma ora il trend si sta consolidando anche dopo l’emergenza”.
Uno sguardo al futuro
Nei prossimi anni, gli operatori prevedono una crescita ancora più forte in Italia e in Europa. L’espansione delle catene, l’innovazione nelle ricette e l’attenzione crescente verso ingredienti sostenibili potrebbero rafforzare ancora di più la presenza del pokè nella dieta degli italiani. Un piatto nato sulle coste delle Hawaii che oggi racconta una storia globale di contaminazioni, scelte consapevoli e nuovi modi di stare insieme.
