Nonostante il vino resti un elemento centrale della cultura italiana, la conoscenza degli aspetti tecnici rimane ancora limitata. Secondo l’ultimo radar Swg, che ha analizzato il rapporto degli italiani con il vino attraverso un sondaggio su 1.200 cittadini maggiorenni, la passione per il vino è più emozionale che informativa. Molti sono attratti dalle storie che ogni bottiglia racchiude, dai territori di provenienza e dai paesaggi, ma meno dalla conoscenza dei metodi di produzione, delle varietà e delle tendenze del mercato.
Territorio e paesaggio: il racconto che conquista
Il legame con il vino passa soprattutto dalle narrazioni legate al territorio. Gli italiani sembrano più affascinati dal genius loci e dalle storie di comunità che dalle certificazioni o dai premi dei produttori. Il territorio e il paesaggio di provenienza dei vini sono citati dal 53% dei partecipanti, un elemento che conquista soprattutto gli over 60 (63%), mentre i giovani tra i 18 e i 39 anni sono più sensibili all’idea di scoperta e al legame con ecosistemi e biodiversità.
Consumatori evoluti e curiosi, ma non esperti
Secondo il sondaggio, solo due italiani su cinque si definiscono “consumatori evoluti”, attenti alle caratteristiche dei prodotti e interessati alle storie dietro ogni bottiglia. L’11% si considera appassionato, pronto ad approfondire metodi, territori e tradizioni; il 31% è attento, informandosi sulle caratteristiche del vino che acquista e beve. Una quota maggiore (37%) è definita “media”: beve volentieri il vino ma senza grande approfondimento. Il 13% lo considera un consumatore superficiale, mentre l’8% lo beve quasi per obbligo, senza reale interesse.
Conoscenza dei metodi e delle varietà: margini di miglioramento
La familiarità con le diverse tipologie di vino mostra margini significativi di miglioramento. La categoria più conosciuta è quella dei vini senza solfiti aggiunti (68%, 73% tra gli over 60), seguita dal Metodo Classico (65%) e dai biologici certificati (63%). Tipologie più di nicchia come i vini “No-Lo” sono conosciuti dal 30%, gli ancestrali dal 32% (39% tra i più giovani), e i macerati dal 29% (34% tra i 18-39 anni). Questo evidenzia come il vino abbia bisogno di raccontarsi in modo più attrattivo per avvicinare i consumatori alle tecniche e alle varietà meno comuni.
Il ruolo fondamentale dei consigli degli esperti di vino
Il parere di una figura esperta pesa molto nella scelta dei vini, soprattutto per i giovani. Il 48% degli intervistati si affida “totalmente” o “molto” al sommelier (57% tra i 18-39 anni), il 45% all’enotecario (58% per i più giovani) e il 44% direttamente al produttore. Al contrario, i social media hanno un peso ridotto nelle decisioni d’acquisto (16% complessivo, solo 7% tra gli over 60), confermando che la relazione diretta con professionisti resta un driver decisivo nella scelta del vino.
Giovani, vino e social: un interesse che cerca più di una semplice foto
I più giovani, pur essendo abituati ai social, non si accontentano delle informazioni digitali. Cercano interazioni più concrete che possano farli entrare in contatto con il mondo del vino: degustazioni guidate, storie dei produttori e opportunità di apprendere sui metodi di produzione. Questo conferma che, al di là della passione emotiva, c’è un reale desiderio di conoscenza che potrebbe essere coltivato da chi racconta il vino.
I driver narrativi del consumo
Oltre al territorio, altri elementi che influenzano la scelta dei vini includono l’essere italiani o “made in Italy” (37% complessivo, 46% tra gli over 60), e la cultura e tradizione che ogni bottiglia rappresenta (34%). Questi aspetti spiegano perché il vino, pur essendo un prodotto di consumo quotidiano, resti un elemento identitario e culturale, capace di creare legami tra comunità e territori.
