Secondo uno studio europeo, il profumo del vino stimola le stesse aree cerebrali dei suoni armonici.
Un esperimento condotto nel 2024 da un team di neuroscienziati tra Bordeaux e Lione ha messo in luce un dato che sta riscrivendo il rapporto tra vino e percezione sensoriale. Quando una persona annusa un bicchiere di vino, le aree cerebrali che si attivano non sono solo quelle legate all’olfatto. L’attività neurale osservata in laboratorio mostra una risposta simile a quella provocata dall’ascolto di musica, in particolare musica armonica. Le zone coinvolte sono l’ippocampo, la corteccia orbitofrontale, ma anche il giro temporale superiore, tipicamente connesso all’elaborazione dei suoni. Secondo i ricercatori, il profumo del vino genera una reazione che va oltre la chimica e tocca l’emozione, la memoria e l’immaginazione.
L’esperimento ha coinvolto un campione misto di esperti e persone comuni. I soggetti, sottoposti a scansioni cerebrali, hanno mostrato un picco di attività nelle stesse aree in cui il cervello processa le melodie, soprattutto quelle che evocano stati emotivi positivi. Quando il vino veniva annusato con gli occhi chiusi, l’attivazione era ancora più intensa. Il dato ha sorpreso lo stesso team francese, che lavorava da anni sull’olfatto, ma non si aspettava un parallelismo così netto tra l’esperienza olfattiva del vino e la risposta neurale alla musica.
Cosa c’entra il vino con la musica e perché il cervello li percepisce in modo simile
L’analisi delle scansioni cerebrali ha dimostrato che l’esperienza olfattiva del vino, se vissuta in condizioni di attenzione sensoriale, accende circuiti simili a quelli della musica armonica. Non si tratta di una semplice analogia poetica. L’olfatto e l’udito sono i due sensi che, più di tutti, dialogano con il sistema limbico, sede della memoria affettiva e della regolazione emotiva. Entrambi possono evocare ricordi precisi, provocare nostalgia o euforia, cambiare lo stato d’animo in pochi secondi.

Secondo il professor Thierry Dubois, responsabile del laboratorio di neuropercezione a Lione, il cervello non distingue nettamente tra stimoli olfattivi e sonori quando questi contengono componenti complesse e armoniche. I profumi stratificati di un vino evoluto — frutti, spezie, cuoio, legno — creano una sequenza sensoriale che viene percepita come “melodia olfattiva”. E proprio come avviene nella musica, il cervello cerca struttura, tensione, risoluzione. Il piacere deriva dal riconoscere un percorso, dall’anticipare una nota o da una sorpresa ben calibrata. Vale anche per l’aroma di un barolo, di un riesling, di un vino ossidato.
Alcuni sommelier parlano da tempo di “equilibrio armonico” tra le componenti di un vino. Oggi questa metafora trova conferma scientifica. Le note dominanti, i sentori di fondo, le variazioni in apertura e chiusura: tutto viene processato come se fosse un frammento musicale. Chi ha un allenamento sensoriale sviluppato riesce a riconoscere pattern aromatici come un musicista riconosce accordi e progressioni tonali. Non è fantasia. È una forma di lettura neurologica.
Il test ha evidenziato anche un altro dettaglio: se il vino viene annusato senza fretta, l’attivazione cerebrale si avvicina a quella registrata in soggetti che ascoltano musica sinfonica. Se si annusa rapidamente o distrattamente, la risposta si riduce. La lentezza, quindi, gioca un ruolo fondamentale. Non è solo questione di stile, ma di pieno accesso sensoriale.
Il valore emozionale del vino spiegato attraverso la risposta cerebrale
Il legame tra vino e emozione non è solo culturale. Secondo i neurologi, il vino ha la capacità di innescare reazioni profonde, perché stimola l’olfatto in modo più strutturato rispetto ad altri alimenti. L’olfatto è l’unico senso che non passa dalla corteccia razionale prima di arrivare alla memoria. Questo significa che un aroma può attivare ricordi preverbali, sensazioni infantili, immagini dimenticate. E quando questo succede, il cervello risponde con lo stesso schema che usa per elaborare le melodie: si apre, si emoziona, si prepara a un racconto.
In alcuni soggetti, il profumo di un vino ha riattivato ricordi autobiografici con una precisione sorprendente. Un particolare test con soggetti bendati ha dimostrato che un vino annusato in silenzio genera attività cerebrale simile a quella stimolata da una fotografia personale o da una voce familiare. Il vino, come la musica, diventa un vettore di identità, di appartenenza, di racconto.
Questo spiegherebbe anche perché certe persone parlano del vino come se fosse una persona o una storia. La lingua cerca metafore per tradurre ciò che il cervello sta vivendo a livello limbico. Sentori di mare, profumo di pioggia, nota affumicata: tutte immagini che cercano di rendere intelligibile un’emozione chimica. E lo stesso accade con la musica, quando parliamo di brani che ci “toccano”.
Lo studio ha aperto nuove ipotesi anche sul modo in cui il vino potrebbe essere comunicato o abbinato. Se due esperienze stimolano lo stesso circuito neurale, potrebbero rafforzarsi a vicenda. Alcuni produttori stanno già sperimentando degustazioni guidate da musica, scelte in base alla struttura del vino. Non è marketing: è neurologia applicata. E può cambiare il modo in cui pensiamo al vino nei prossimi anni.