La conferma dei dazi del 15% sul vino italiano esportato negli Stati Uniti ha generato un forte allarme tra i produttori del settore. L’Unione Italiana Vini (UIV) ha stimato un impatto economico devastante, con perdite iniziali quantificate in 317 milioni di euro, cifra che potrebbe salire fino a 460 milioni di euro se il dollaro dovesse rimanere debole. Questo scenario rappresenta una vera e propria “stangata” per un settore che è uno dei più esposti tra le prime dieci categorie di prodotti italiani esportati negli USA.
L’importanza del vino italiano
Lamberto Frescobaldi, presidente di UIV, ha sottolineato l’importanza della situazione attuale, evidenziando che il vino italiano rappresenta il 24% dell’export globale del settore, con un valore complessivo di circa 2 miliardi di euro all’anno. La sua preoccupazione si concentra sul secondo semestre dell’anno, che potrebbe rivelarsi particolarmente difficile per gli operatori del settore. Tuttavia, ha anche espresso la speranza che possano esserci correzioni nelle politiche commerciali nei prossimi mesi.
Una strategia da adottare
Secondo UIV, la strategia da adottare deve prevedere la creazione di un’alleanza con i distributori, importatori e ristoratori statunitensi, anch’essi colpiti dai dazi. L’idea è di unire le forze per difendere gli interessi comuni, soprattutto considerando che il mercato americano è di fondamentale importanza per il vino italiano.
Paolo Castelletti, segretario generale di UIV, ha affermato che “il tempo delle deroghe e dell’incertezza è terminato”. È necessaria una strategia chiara e ben definita, con il supporto delle istituzioni italiane, in particolare per quanto riguarda la promozione del vino all’estero. La situazione è già in peggioramento: nei primi cinque mesi del 2025 si è registrato un calo del 4% nei volumi esportati, segnale di un trend preoccupante per il futuro.
Impatti economici oltre il settore vinicolo
L’impatto economico dei dazi si estende ben oltre il settore vinicolo. Secondo l’Osservatorio di UIV, i dazi potrebbero causare perdite di quasi 1,7 miliardi di dollari per i partner commerciali statunitensi. Questa cifra mette in evidenza come le misure protezionistiche non colpiscano solo i produttori italiani, ma anche le attività economiche americane che dipendono dal mercato del vino importato.
Le denominazioni più colpite da questa situazione sono molte e variegate. Lo studio di UIV indica che il 76% delle bottiglie esportate verso gli Stati Uniti si trova in una “zona rossa”, ossia presenta un’esposizione superiore al 20% del proprio export. Tra queste, alcune delle denominazioni più significative includono:
- Moscato d’Asti: 60% del suo export destinato agli USA.
- Pinot Grigio: 48% della produzione esportata verso il mercato americano.
- Chianti Classico: 46% di dipendenza dagli Stati Uniti.
- Rossi toscani Dop: 35% dell’export diretto verso gli USA.
- Rossi piemontesi Dop, inclusi nomi prestigiosi come il Brunello di Montalcino, con un 31% di export verso il mercato americano.
- Prosecco: 27% delle vendite destinate agli Stati Uniti.
- Lambrusco e Montepulciano d’Abruzzo: percentuali significative di esportazioni verso il mercato americano.
Queste cifre non solo evidenziano l’importanza del mercato statunitense per le principali produzioni vinicole italiane, ma pongono anche in luce la vulnerabilità del settore alle nuove politiche commerciali. La varietà delle denominazioni coinvolte dimostra come il vino italiano sia non solo un simbolo della cultura gastronomica del Paese, ma anche un pilastro fondamentale dell’economia agricola italiana.
In questo contesto di crescente preoccupazione, è evidente che le azioni da intraprendere devono essere tempestive e coordinate. La collaborazione tra produttori, distributori e istituzioni sarà cruciale per affrontare questa sfida. La promozione del vino italiano deve diventare una priorità strategica, affinché il settore possa resistere alle pressioni esterne e continuare a prosperare in un mercato sempre più competitivo.