Annusare il vino a occhi chiusi non è una posa: cosa succede davvero nel cervello del sommelier

Olfatto e vino.

Un bicchiere di vino diventa racconto sensoriale quando si lascia spazio all’olfatto. - www.vinamundi.it

Luca Antonelli

23 Agosto 2025

Dietro il gesto dei sommelier c’è una risposta neurologica precisa: attivano l’olfatto primitivo.

C’è un gesto che chiunque abbia assistito a una degustazione ha notato almeno una volta: il sommelier che avvicina il bicchiere al naso, inspira lentamente, chiude gli occhi e resta per qualche istante in silenzio. Non è teatro. Non è un rituale studiato per impressionare. È una reazione neurologica concreta, osservabile anche nei non professionisti, ma che nei sommelier si manifesta con maggiore intensità e frequenza. In Francia, un’équipe dell’Université de Bourgogne ha condotto una ricerca per capire cosa accade nel cervello quando si annusa un vino a occhi chiusi. Il risultato è sorprendente: chiudere gli occhi disattiva aree cerebrali visive, permettendo a quelle olfattive di potenziarsi. Si tratta di un meccanismo primitivo, radicato nel nostro sistema limbico, che consente una lettura più precisa degli aromi.

La ricerca, pubblicata nel 2024 sulla rivista Neuroscience of Taste and Smell, ha analizzato 40 soggetti, tra esperti e semplici appassionati, sottoposti a test di riconoscimento aromatico. Chi teneva gli occhi chiusi durante l’esame olfattivo ha mostrato una precisione sensoriale superiore del 26%, con una maggiore attivazione dell’ippocampo, l’area del cervello legata alla memoria episodica. In pratica, chiudere gli occhi mentre si annusa un vino aiuta a riconoscere meglio gli odori, a collegarli a esperienze passate e a costruire un giudizio più articolato.

Perché l’olfatto lavora meglio quando non ci sono distrazioni visive

L’essere umano è programmato per dare priorità al senso della vista. Ogni informazione che riceviamo viene prima di tutto elaborata visivamente, anche quando non ce ne rendiamo conto. Questo meccanismo ha una funzione evolutiva: riconoscere i pericoli, orientarsi nello spazio, prevedere movimenti. Ma in alcuni contesti, come durante una degustazione, la vista può ostacolare la percezione degli odori, soprattutto quelli più delicati.

Olfatto e vino.
Il gesto del sommelier è radicato in una precisa risposta neurologica. – www.vinamundi.it

Secondo lo studio condotto a Digione, l’attenzione visiva consuma risorse cognitive. Il cervello, quando è impegnato a interpretare forme, luci e movimenti, riduce l’attività delle aree olfattive. Chiudere gli occhi serve esattamente a questo: liberare capacità elaborative per l’analisi sensoriale. Non è un trucco, ma una strategia neurologica spontanea. I sommelier professionisti, formati con anni di pratica, lo fanno istintivamente. Non per concentrarsi meglio, come si potrebbe pensare, ma perché il cervello ha imparato ad “ottimizzarsi”.

Il vino, dal punto di vista chimico, è una miscela complessa di molecole volatili. Queste sostanze stimolano recettori olfattivi che inviano segnali al bulbo olfattivo, uno dei pochi canali sensoriali che dialoga direttamente con il sistema limbico. È la zona più antica del nostro cervello, la stessa coinvolta nella paura, nel desiderio, nella memoria affettiva. Quando annusiamo un vino, il cervello attiva circuiti simili a quelli della musica, del profumo di casa, di un ricordo d’infanzia. E se non è disturbato da stimoli visivi, questo processo è più limpido.

Il gesto di chiudere gli occhi aiuta anche a creare una mappa interna degli aromi, che non sempre sono evidenti al primo passaggio. Molti sommelier parlano di “strati” che emergono lentamente: frutta, fiori, spezie, note animali, sfumature minerali. Il cervello li ricompone come un puzzle, e ogni piccolo elemento visivo in più può alterare l’interpretazione. Ecco perché, in molti concorsi internazionali, il test olfattivo viene fatto in ambienti neutri, senza luce diretta, a volte con il bicchiere coperto da una calotta.

Il cervello del sommelier e l’attivazione della memoria emozionale

Un aspetto meno conosciuto riguarda la connessione tra olfatto e memoria emozionale. Quando si annusa un vino, l’attività dell’ippocampo si intensifica. È lo stesso circuito che si attiva quando ricordiamo un odore del passato: il profumo della cantina del nonno, la crosta di pane, l’erba tagliata. Chiudere gli occhi, secondo la ricerca francese, rafforza questa connessione. Il giudizio sensoriale non diventa solo tecnico, ma associativo.

Per questo un sommelier può raccontare un vino dicendo che “ricorda la pioggia su un muro caldo” o “il profumo della carta stampata in tipografia”. Non si tratta di invenzioni poetiche, ma di codifiche mnemoniche reali. L’assenza di stimoli visivi permette al cervello di cercare i riferimenti giusti, senza essere influenzato dal colore del vino, dalla trasparenza, dalla viscosità. È come leggere a occhi chiusi per concentrarsi meglio sulle parole.

Il dato curioso è che questo meccanismo funziona anche nei neofiti. Chiunque, davanti a un bicchiere, può provare a chiudere gli occhi e notare odori nuovi, più nitidi, più definiti. È una questione di accesso cerebrale, non di esperienza. La differenza con i professionisti è nella capacità di dare un nome a ciò che si sente, non nella sensazione in sé. E il gesto, tanto semplice quanto spontaneo, di chiudere gli occhi, apre quella porta con più facilità.

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