A Napoli il Natale è dolce: struffoli e miele protagonisti della tradizione gastronomica

Struffoli

Struffoli | Shutterstock

Marco Viscomi

20 Dicembre 2025

Nel periodo natalizio, Napoli rinnova il suo legame tra fede, cibo e tradizione: dal presepe alle “devozioni”, la città celebra un patrimonio unico di riti e sapori

 

Napoli, 20 dicembre 2025 – La città di Napoli, con la sua storia millenaria e la sua ricca eredità religiosa e culturale, continua a celebrare il Natale attraverso riti, leggende e sapori che affondano le radici nell’antichità greco-romana e nella tradizione cristiana. Nel cuore della tradizione natalizia partenopea, la figura di Gesù Cristo e il simbolismo legato al cibo si intrecciano profondamente, dando vita a un patrimonio culturale unico che unisce fede, folklore e gastronomia.

Il significato simbolico del cibo nel presepe napoletano

Secondo una leggenda popolare campana, la notte della nascita di Gesù sarebbe stata accompagnata da una pioggia miracolosa di miele, il cui dolce sapore avrebbe reso ogni Natale una festa di gioia e abbondanza. Un altro racconto racconta che, al momento della morte di Cristo sulla croce, dalle sue lacrime sarebbero nate le api, custodi di questo nettare sacro che ancora oggi è ingrediente fondamentale nella pasticceria napoletana natalizia.

Come spiegano gli studiosi Marino Niola e Elisabetta Moro, nel loro libro Il presepe: una storia sorprendente, a Napoli Gesù, simbolo del “pane della vita”, è inserito in un contesto ricco di pietanze e prodotti tipici che non sono semplici decorazioni, ma veri e propri simboli di pienezza e salvezza. La scena della Natività si trasforma così in una celebrazione corale e gustosa, dove frutta secca, torroni, agrumi, formaggi e dolci tipici diventano espressione concreta della gioia divina e dell’abbondanza condivisa.

Questa rappresentazione, diffusasi tra XVIII e XIX secolo, rifletteva la Napoli dell’epoca, descritta dai viaggiatori come una sorta di “Bengodi” europea per la ricchezza delle merci e la varietà alimentare. In ogni quartiere, ogni taverna diventava teatro del presepe vivente, con suonatori ambulanti, venditori e pastori che animavano la scena, rendendo l’osteria un luogo simbolico di incontro tra sacro e profano, spirito e materia.

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Le “devozioni”: il rituale gastronomico della Vigilia

A Napoli, le cosiddette “devozioni” sono le leccornie che compongono il banchetto rituale della Vigilia di Natale, un rito che non è solo piacere culinario, ma un obbligo cerimoniale profondamente radicato nella tradizione. La tavola deve offrire “uno di tutto”, un precetto che ha generato una vera e propria economia sacralizzata, con i quartieri popolari che accumulano piccoli crediti presso i negozianti per assicurare l’abbondanza durante le feste.

Questa pratica affonda le radici nel mondo antico, dove il banchetto-sacrificio era il momento principale di cerimonia pubblica, durante il quale il cibo destinato agli dei veniva consumato secondo un ordine rigoroso. Napoli, città con profonde origini greche, conserva questa memoria nel suo sottosuolo, come testimonia l’Ipogeo dei Cristallini nel rione Sanità, un complesso funerario ellenistico dove affreschi e strutture testimoniano il legame tra cibo, sacralità e ultraterreno.

Nel presepe napoletano moderno, questo intreccio si riflette nella presenza di dolci tradizionali e prodotti tipici: cassate, babà, struffoli, pastiere, taralli e mozzarelle si affiancano a cereali, legumi, pesce azzurro e pani di ogni tipo. La boulangerie diventa così una materializzazione della moltiplicazione evangelica, un simbolo tangibile della fede e dell’abbondanza.

Napoli, i dolci simbolo del Natale e il ruolo del miele

Tra i dolci tipici delle festività si distinguono i roccocò, i susamielli e gli struffoli, dolci che mantengono intatta la loro identità mediterranea e stagionale, presenti nelle pasticcerie solo per poche settimane durante le feste. Altri dolci tradizionali, nati dalla maestria delle monache dei conventi napoletani, includono i Divini Amore, i raffiuoli, e i mustaccioli, tutti accomunati dall’uso del miele, ingrediente sacro che sostituisce lo zucchero, raro e costoso in passato, e che simboleggia la gioia e la redenzione.

Questi dolci seguono anche una regola antica: sono privi di grassi animali, riflettendo l’astinenza imposta dalla Chiesa per la Vigilia. Sebbene oggi non più obbligatoria, questa norma è ancora osservata per fedeltà alla tradizione, rivelando come il cibo a Napoli sia soprattutto memoria condivisa e gesto di appartenenza culturale.

La presenza delle “devozioni” sulle tavole natalizie non è dunque un semplice piacere gastronomico, ma un modo con cui la città rinnova il suo legame con la storia e la fede. Il presepe, con la sua ricca esposizione di cibi e simboli, diventa così un dispositivo di memoria viva, capace di rinnovare ogni anno l’alleanza tra uomo, tempo e divino.

Napoli: la città e il suo patrimonio culturale e religioso

Napoli, con i suoi oltre 900.000 abitanti, è una delle città più densamente popolate d’Europa e il terzo comune italiano per popolazione. Fondata dai Cumani verso la fine dell’VIII secolo a.C. come Partenope, si trasformò in Neapolis nel V secolo a.C., divenendo uno dei centri più importanti della Magna Grecia e mantenendo nel tempo un legame profondo con la cultura ellenica.

Il suo patrimonio artistico, culturale e religioso è vasto e rappresentato da chiese barocche, mercati storici, tradizioni musicali e culinarie uniche. Importanti siti archeologici come l’Ipogeo dei Cristallini nel rione Sanità testimoniano la continuità storica e religiosa di Napoli, dove il sacro si manifesta anche attraverso il cibo e le feste popolari.

La città continua a essere un punto di riferimento nel mondo per la tradizione del presepe napoletano, riconosciuto anche dall’UNESCO come patrimonio immateriale, e per la straordinaria arte pasticcera che rende ogni Natale un’esperienza sensoriale e spirituale irripetibile.

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