Vino in esportazione: come le scorte pre-dazi hanno fatto la differenza nel primo semestre

Vino in esportazione: come le scorte pre-dazi hanno fatto la differenza nel primo semestre

Vino in esportazione: come le scorte pre-dazi hanno fatto la differenza nel primo semestre

Redazione Vinamundi

29 Ottobre 2025

Milano, 3 luglio 2025 – Nel primo semestre del 2025, l’export di vino italiano ha tenuto grazie alle scorte accumulate dagli importatori statunitensi prima dell’arrivo dei nuovi dazi voluti dall’amministrazione Trump. È quanto emerge dall’ultima analisi di Wine Monitor di Nomisma, che racconta una situazione a due facce: qualche segnale di crescita, ma anche parecchie incognite per i mesi a venire, soprattutto per la difficoltà a trovare mercati alternativi agli Stati Uniti.

Usa, scorte in aumento ma il futuro fa paura

I dati di Nomisma mostrano che nei primi sei mesi dell’anno i dodici mercati principali hanno fatto segnare un aumento complessivo dell’1,5% a valore e del 2,1% a volume nelle importazioni di vino. Gli Stati Uniti restano il primo mercato per il vino italiano, ma il trend non è stato lineare. Nei primi tre mesi del 2025, gli importatori americani hanno fatto incetta di vino (+22% rispetto allo stesso periodo del 2024), mettendosi al riparo prima dell’entrata in vigore dei dazi. Poi, da aprile a giugno, la situazione si è capovolta con un calo del 7%.

“Il risultato positivo del semestre (+2,5% per i vini italiani) è quasi tutto merito delle scorte fatte a inizio anno”, spiegano da Wine Monitor. Un dato che però fa trapelare una certa preoccupazione tra gli addetti ai lavori. “Il rischio – ha confidato un esportatore veneto – è di sentire il contraccolpo nei mesi che verranno”.

Canada e Germania tengono botta

Nonostante i dubbi sul mercato Usa, ci sono mercati che hanno mostrato qualche segnale di ripresa. Canada e Germania si sono distinti per una domanda in crescita, anche se a ritmi diversi. Secondo Nomisma, il mercato canadese ha puntato soprattutto sui vini italiani di fascia premium, mentre in Germania la crescita ha riguardato soprattutto i vini bianchi e gli spumanti.

“Abbiamo notato un interesse crescente per le etichette italiane di fascia medio-alta”, ha raccontato un distributore tedesco raggiunto al telefono. “I consumatori cercano qualità e sono disposti a spendere qualcosa in più”. In Canada, invece, la domanda si è concentrata su classici come Chianti e Prosecco.

Il futuro è un’incognita, pochi mercati pronti a sostituire gli Usa

Nonostante qualche segnale positivo, il futuro dell’export vinicolo italiano resta incerto. Il nodo principale è la difficoltà a trovare mercati alternativi agli Stati Uniti capaci di assorbire volumi simili. “Non ci sono sbocchi immediati paragonabili a quello americano”, ha ammesso Denis Pantini, responsabile di Wine Monitor. “Paesi come Cina e Giappone crescono, ma per ora con numeri troppo piccoli”.

Secondo le stime di Nomisma, nel breve periodo sarà difficile compensare eventuali cali negli acquisti dagli Stati Uniti. Le aziende italiane stanno provando a rafforzare la presenza in Asia e Sud America, ma sono strategie che richiedono tempo e risorse. “Serve un lavoro costante di promozione”, ha sottolineato Pantini.

Il settore mette il freno: c’è attesa e un po’ di preoccupazione

Nel frattempo, tra i produttori italiani la parola d’ordine è prudenza. “Siamo preoccupati per l’incertezza delle regole e per l’instabilità dei mercati”, ha detto un rappresentante del Consorzio del Brunello di Montalcino. “Solo più avanti capiremo davvero l’impatto dei dazi”. Anche le associazioni di categoria chiedono al governo di intervenire con misure per aiutare la diversificazione dei mercati.

In sostanza, il primo semestre del 2025 si chiude con un bilancio in equilibrio: l’export di vino italiano resiste grazie alle scorte Usa e ai segnali positivi da Canada e Germania, ma il settore guarda ai prossimi mesi con molta attenzione. E un po’ di apprensione.

 

Change privacy settings
×