Perugia, 23 novembre 2025 – Sessanta reperti archeologici mai visti prima, provenienti dalla Tomba 58 della Necropoli dell’Osteria di Vulci, sono finalmente esposti in anteprima al Museo del Vino (MUVIT) di Torgiano. L’inaugurazione, che si è tenuta venerdì 24 ottobre nella Sala Sant’Antonio, apre una nuova pagina nella valorizzazione del patrimonio etrusco. Un risultato frutto della collaborazione tra la Fondazione Vulci, la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e l’Etruria Meridionale, e la Fondazione Lungarotti. Un percorso che dal Lazio all’Umbria racconta il legame profondo tra civiltà etrusca e vino.
Tomba 58, un tesoro nascosto per oltre duemila anni
La Tomba 58 è stata scoperta nell’ottobre 2023, durante una campagna di scavi guidata dalla Fondazione Vulci con la supervisione della Soprintendenza. Il sepolcro, rimasto intatto per più di 2600 anni, ha restituito un corredo straordinario: anfore, olle e pithoi in impasto, vasellame in bucchero e ceramica etrusco-corinzia, coppe, oggetti in ferro e manufatti in bronzo. Tra i pezzi più sorprendenti, un calderone con i resti di un grappolo d’uva. Le analisi di laboratorio, come ha spiegato Carlo Casi della Fondazione Vulci, indicano che si tratta di un “antenato” del Sangiovese, confermando così la presenza antica di questo vitigno nel centro Italia.
Il vino, tra rito e simbolo sacro
Il corredo funerario racconta molto più di una semplice sepoltura. “Questi oggetti mostrano quanto fosse centrale il vino nei rituali etruschi”, ha sottolineato Simona Carosi della Soprintendenza. Il banchetto funebre, con le sue libagioni e offerte agli dèi, era un momento di passaggio, un legame tra vivi e morti. Tra gli oggetti spicca un’anfora con l’iscrizione “io (sono) di Velχa Felusna”: una sorta di primitiva “etichetta” che indica la proprietà della cantina o della partita di vino. Un dettaglio che, secondo Lorenzo Lepri della Fondazione Lungarotti, “apre nuovi orizzonti sulla cultura materiale e le pratiche commerciali degli etruschi”.
Aristocrazia e simposio: il volto della società etrusca alla fine del VII secolo a.C.
La tomba, appartenuta a un uomo databile alla fine del VII secolo a.C., riflette il rango elevato del defunto. “Il simposio era molto più di un semplice banchetto”, ha spiegato ancora Casi: era un modo per affermare status e potere, anche nell’aldilà. In Etruria, a differenza della Grecia, le donne partecipavano ai banchetti: lo confermano i dipinti sulle pareti delle tombe e i raffinati corredi funerari. Il vino, dono degli dèi, diventava così un ponte tra mondi diversi: tra vita e morte, tra aristocrazia e divinità.
Una mostra tra ricerca e valorizzazione
“Siamo orgogliosi di aver dato il nostro contributo al restauro e alla valorizzazione di questi preziosi reperti”, ha detto Teresa Severini della Fondazione Lungarotti durante la presentazione. La mostra fa parte del progetto “TraMusei”, che vuole creare una rete tra diversi musei, grazie al sostegno della Direzione Generale Biblioteche e istituti culturali del Ministero della cultura. “Ripercorriamo tutto il percorso, dalla scoperta archeologica alla ricerca, fino alla valorizzazione”, ha aggiunto Carosi, sottolineando la collaborazione tra pubblico e privato.
Vino e mito, un filo rosso che attraversa i secoli
La mostra resterà aperta fino al 5 luglio 2026. Visitatori e studiosi avranno la possibilità di vedere da vicino oggetti che raccontano non solo la storia degli etruschi, ma anche il ruolo del vino come elemento identitario. “Il vino unisce mondi, civiltà, miti”, ha confidato Lepri. Eppure, dopo secoli di silenzio, questi reperti tornano finalmente a parlare. Un’occasione rara per riscoprire radici antiche che ancora oggi segnano il paesaggio culturale dell’Italia centrale.
