Con le feste di Natale alle porte, molti tengono da parte la bottiglia di vino più pregiata per brindare con amici e famiglia. Il momento del brindisi è certamente un piacere, ma la moderazione resta fondamentale. Quanto si può bere senza mettere a rischio la salute?
Vino e salute: quel che bisogna sapere
Secondo Mauro Minelli, immunologo clinico e docente di Nutrizione Umana alla Lum, “il vino, nonostante il suo valore culturale, ha effetti sul corpo legati al suo componente principale: l’alcol etilico”. L’alcol è classificato dall’Iarc come cancerogeno di Gruppo 1 e comporta rischi concreti per il fegato, può favorire l’insorgenza di tumori come colon-retto e seno, indurre dipendenza ed è assolutamente sconsigliato in gravidanza.
Benefici presunti e realtà scientifica
Per anni, al vino rosso sono stati attribuiti benefici cardiovascolari e antiossidanti grazie ai polifenoli contenuti. Tuttavia, osserva Minelli, studi recenti hanno smentito questi effetti, confermando che non esiste una soglia di consumo di alcol priva di rischi. Anche un consumo moderato può avere conseguenze sulla salute. “Il vino resta un piacere culturale e un motore economico, ma la consapevolezza sanitaria impone cautela. Bere deve essere una scelta informata e responsabile”, sottolinea l’esperto.
Le linee guida del ministero della Salute indicano un consumo a basso rischio: massimo un bicchiere al giorno per donne e over 65, e fino a due bicchieri per gli uomini adulti. Tuttavia, la scelta più salutare resta quella di limitare al minimo il consumo. Durante occasioni sociali come il Natale, il criterio si sposta dalla sicurezza assoluta alla responsabilità individuale.
Moderazione come parola d’ordine
Per Minelli, l’uso responsabile del vino significa bilanciare i suoi vantaggi sociali ed economici con la disciplina necessaria a evitare rischi. “Il vino non è né un veleno né una panacea; è una bevanda che richiede moderazione. I rischi di tossicità ci sono e possono superare i benefici se non si rispettano rigorosamente le regole della moderazione”, conclude l’immunologo.
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