
Un anno di stop ai nuovi impianti viticoli: la proposta di UIV che fa discutere
L’argomento della proposta di Unione Italiana Vini (UIV) di fermare temporaneamente la piantumazione di nuovi vigneti per un anno ha acceso un intenso dibattito nel mondo del vino italiano. Durante il Consiglio nazionale del 6 giugno, tenutosi presso l’Azienda Agricola Rocca di Leverano in Puglia, i membri di UIV hanno evidenziato la necessità di una riforma urgente per affrontare le sfide sempre più pressanti del mercato vinicolo.
Un contesto di crescita e crisi
L’Italia, con una delle tradizioni vinicole più ricche al mondo, si trova in una situazione paradossale. Da un lato, la superficie vitata continua a crescere, rendendola l’unico grande Paese produttore in questa condizione; dall’altro, i consumi globali di vino sono in calo. Negli ultimi cinque anni, si è registrato un decremento del 10% a livello volumetrico. Questo contrasto ha portato a un surplus di produzione, con un ampliamento annuale dell’1% consentito dal sistema delle autorizzazioni, equivalente a circa 6.500 ettari di nuovi vigneti.
Le parole di Frescobaldi: una riforma necessaria
Lamberto Frescobaldi, presidente di UIV, ha sottolineato l’urgenza di un intervento strutturale piuttosto che soluzioni temporanee. “La proposta di stop è utile, ma deve essere accompagnata da una riforma vera e propria”, ha dichiarato. Frescobaldi ha messo in evidenza che il contesto attuale richiede un approccio responsabile e una revisione delle politiche vitivinicole, in particolare riguardo a:
- Rese
- Disciplinari di produzione
“Non possiamo continuare a espandere il vigneto mentre i consumi calano. È il momento di fermarsi a riflettere e correggere la rotta”, ha avvertito.
Castelletti: valorizzare il territorio
Paolo Castelletti, segretario generale di UIV, ha ampliato il dibattito suggerendo che il blocco annuale potrebbe rappresentare un’opportunità per riorganizzare e rivedere i criteri di autorizzazione per i nuovi impianti. “Dobbiamo valorizzare le aree collinari e montane e i territori che producono vini di alta qualità”, ha affermato. Inoltre, Castelletti ha sollevato un punto cruciale: sebbene si conosca il numero di autorizzazioni assegnate, c’è poca trasparenza riguardo a quanto venga effettivamente impiantato, specialmente in termini di reimpianti. Questa mancanza di dati potrebbe ostacolare una pianificazione efficace e una gestione sostenibile della viticoltura.
Il peso delle giacenze
Un elemento chiave del dibattito è rappresentato dalle giacenze di vino e mosto, che secondo l’Osservatorio UIV potrebbero raggiungere tra i 42 e i 44 milioni di ettolitri al termine della campagna viticola nel 2025. Questo volume è paragonabile a un’intera vendemmia e rappresenta un chiaro segnale della necessità di riequilibrare la produzione con la domanda di mercato. La situazione attuale, con giacenze ai massimi storici, rende urgente una riflessione profonda sulle strategie da adottare per garantire la sostenibilità del settore.
In questo contesto, Castelletti ha esortato i Consorzi di tutela e le aziende a non attendere passivamente riforme dall’alto, ma a partecipare attivamente a un processo di ristrutturazione regionale delle denominazioni. L’obiettivo è migliorare la competitività del vino italiano e garantire una remunerazione equa per i viticoltori, stimolando una collaborazione tra produttori, istituzioni e associazioni di categoria.
La proposta di stop ai nuovi impianti viticoli si inserisce in un contesto di crescente globalizzazione e competizione nel settore vinicolo. Le sfide legate ai cambiamenti climatici, alle pratiche agricole sostenibili e alla necessità di innovazione sono solo alcune delle questioni che il settore deve affrontare. La viticoltura italiana, pur essendo un pilastro della cultura e dell’economia del Paese, deve adattarsi a un panorama in evoluzione.
La proposta di UIV, sebbene controversa, rappresenta un primo passo verso una riflessione più ampia su come preservare l’identità e la qualità del vino italiano in un mercato sempre più competitivo. La strada verso una riforma completa potrebbe non essere semplice, ma è necessaria per garantire un futuro prospero a un settore che ha sempre rappresentato l’eccellenza del made in Italy.