Roma, 10 novembre 2025 – Sono oltre 3,5 milioni i pensionati italiani con assegni sopra i 2.500 euro lordi al mese che, da anni, vedono il loro potere d’acquisto calare, a causa di una rivalutazione delle pensioni sempre più bassa. Lo dice l’ultimo rapporto di Itinerari Previdenziali e Cida, presentato oggi a Roma. Il documento mette in chiaro come la recente Legge di Bilancio 2024 abbia aggravato una situazione già difficile, colpendo soprattutto chi ha versato più contributi durante la vita lavorativa.
Rivalutazione tagliata, a pagare sono i più forti
Il rapporto spiega che la penalizzazione riguarda il 21,9% dei pensionati: quelli con redditi oltre quattro volte il trattamento minimo, oggi fissato a 616,67 euro. Tradotto: chi prende più di 2.500 euro lordi (circa 2.000 netti) rischia di perdere almeno 13mila euro nei prossimi dieci anni a causa della rivalutazione ridotta. E la cifra cresce con l’importo della pensione: chi supera i 10mila euro lordi mensili (circa 6mila netti) potrebbe vedersi sottrarre fino a 115mila euro nello stesso periodo.
Il presidente di Cida, Stefano Cuzzilla, ha commentato: “Negli ultimi trent’anni, le pensioni medio-alte hanno perso più di un quarto del loro potere d’acquisto. È la prova di un sistema che punisce chi ha dato di più e rompe il legame tra generazioni”. Ha poi ricordato che “le pensioni non sono privilegi, ma salario differito: il risultato di una vita di lavoro e tasse pagate”.
Chi paga di più, viene penalizzato
Il rapporto mette in luce una vera contraddizione. Sono 1,8 milioni i pensionati con redditi sopra i 35mila euro l’anno – poco meno del 14% del totale – eppure sono loro a versare quasi la metà, il 46,33% dell’Irpef di tutta la categoria. Eppure, sono anche quelli che subiscono i tagli maggiori e la mancata rivalutazione. Al contrario, chi ha versato poco o nulla è stato protetto dall’inflazione. “Certo, aiutare i più deboli è giusto”, dice Cuzzilla, “ma diventa ingiusto quando a pagare sono sempre gli stessi, mentre l’evasione resta fuori controllo”.
Come funziona la perequazione e perché pesa
Alberto Brambilla, presidente di Itinerari Previdenziali, spiega che la perequazione sfavorevole si applica sull’intero importo della pensione, non solo sulla parte che supera una certa soglia. Nel 2023, per esempio, un pensionato con una rendita tra 2.627 e 3.152 euro ha visto rivalutare tutta la pensione solo del 4,3%, mentre l’inflazione ha superato l’8%. Dal 2025 si tornerà a un sistema a scaglioni su tre fasce: il tasso di inflazione provvisorio dello 0,8% sarà applicato per intero fino a quattro volte il minimo, al 90% tra quattro e cinque volte, e al 75% oltre cinque volte.
Brambilla avverte: “Non è una perdita solo per il biennio 2023-2024, ma un danno che si trascina nel tempo”. I suoi calcoli mostrano che, considerando anche le mancate indicizzazioni dal 2012 al 2022, le pensioni oltre le dieci volte il minimo hanno perso circa nove punti percentuali rispetto all’inflazione totale dell’11,6%. A questo si aggiunge la svalutazione del triennio 2023-2025: qui le perdite arrivano al 12%, per un calo complessivo del potere d’acquisto superiore al 21% in quattordici anni.
I numeri dietro la crisi e cosa ci aspetta
Nella pratica, una pensione da 10mila euro lordi al mese (circa 6mila netti) ha perso quasi 178mila euro in quattordici anni; una da 5.500 euro lordi (3.400 netti) quasi 96mila euro. Brambilla stima che “i pensionati del ceto medio, che già si fanno carico di circa 56 miliardi di Irpef dalle pensioni, perderanno ingiustamente altri 45 miliardi”.
Secondo l’Ocse, solo Italia, Austria, Lituania e Portogallo non garantiscono a tutte le pensioni lo stesso aumento percentuale. Un’anomalia che potrebbe riaccendere il confronto politico nei prossimi mesi. “Serve chiarezza, regole stabili e certezze per tutti”, ha ribadito Cuzzilla.
Il dibattito resta aperto. E mentre cresce il numero di pensionati penalizzati – molti ex lavoratori pubblici e privati con lunghi anni di contributi alle spalle – la questione della rivalutazione delle pensioni resta uno dei nodi più spinosi della politica economica italiana.
