Nel contesto dell’ormai consolidato evento gastronomico Volterragusto, che si tiene ogni anno a Volterra, nel 2013 è stata organizzata una degustazione di vini che ha messo in risalto l’importanza delle terre tartufigene nella produzione vinicola. La guida di questa esperienza è stata affidata a Giampaolo Gravina, noto giornalista e vice-curatore della Guida Vini d’Italia de L’Espresso, che ha condotto l’evento al Teatro Persio Flacco di Volterra. L’obiettivo principale della degustazione era scoprire se le celebri terre del tartufo potessero essere accostate a vini di alta qualità, esaminando il legame tra i diversi terreni, microclimi e le varietà di uva coltivate in queste aree.
La varietà di vitigni nelle terre tartufigene
Durante l’evento, Gravina ha posto l’accento sulla varietà di vitigni autoctoni presenti nelle zone di San Miniato e dell’alta valle del Cecina. Nonostante la presenza di vitigni internazionali, come il Merlot e il Cabernet Sauvignon, non esiste un consenso chiaro su quale debba essere considerato il vitigno rappresentativo di queste aree. Per San Miniato, il Sangiovese è comunque presente, ma alcuni produttori hanno iniziato a identificare il Tempranillo come l’uva chiave per il loro territorio, mentre altri sostengono le potenzialità del Colorino. Questo vitigno, tradizionalmente utilizzato nel Chianti, ha suscitato interrogativi, poiché spesso i suoi vini mostrano un’eccessiva durezza nel profilo organolettico.
Un’interessante osservazione è stata fatta dal professor Ferroni dell’Università di Pisa, anch’egli presente all’evento. Ha sottolineato come sotto il nome di Malvasia Nera possa nascondersi in realtà il Tempranillo, il quale potrebbe essere giunto in zona grazie agli scambi culturali e commerciali lungo la storica via Francigena. Questo scambio non ha solo influenzato la viticoltura, ma ha anche arricchito il patrimonio culinario della regione.
I vini in degustazione
Per quanto riguarda Volterra, il Sangiovese emerge come il vitigno predominante. Durante la degustazione, è stato proprio il Sangiovese a dimostrarsi il miglior interprete in termini di equilibrio e complessità gustativa, suggerendo che la tradizione vinicola di questa zona è saldamente ancorata a questo varietale, simbolo del patrimonio enologico toscano.
La degustazione ha visto presentare una selezione di vini rappresentativi delle due aree:
- San Miniato:
- Rosso di Gora 2011 della Tenuta di Cusignano: un Sangiovese fresco e strutturato.
- Cosimo 2009 di Cosimo Maria Masini: un’interpretazione intensa del Sangiovese.
- Vigna alle Nicchie 2008 di Pietro Beconcini: un Tempranillo con un profilo distintivo.
Colorino 2011 di Agrisole: potenzialità da esplorare, sebbene con riserve sul suo equilibrio gustativo.
Volterra:
- Giusto alle Balze 2010 di Marcampo: un Merlot elegante e potente.
- Cabernet Sauvignon 2008 del Castello di Bucignano: complessità aromatica impressionante.
- Statiano 2010 di Poderi Castaldi: un IGP Montecastelli che combina Sangiovese e Canaiolo.
- Canto della Civetta 2011 della Tenuta Monte Rosola: freschezza intrigante.
Conclusioni e prospettive future
A conclusione della degustazione, Gravina ha presentato il suo ultimo lavoro, “Vini e Terre di Borgogna”, scritto in collaborazione con Camillo Favaro, un vignaiolo di grande esperienza. Questo libro rappresenta una guida dettagliata ai vini della Borgogna, analizzando non solo le varietà di uva, ma anche il clima e le peculiarità del territorio. Un capitolo particolarmente apprezzato è quello dedicato ai “fuoriclasse”, dove esperti del settore raccontano la storia di vini iconici come la Romanée-Conti e la Leroy.
Questa degustazione ha offerto un’interessante opportunità di riflessione su come le terre del tartufo, con le loro caratteristiche uniche, possano influenzare anche la viticoltura, creando una sinergia tra la produzione di tartufi e vini di qualità. La tradizione e l’innovazione si intrecciano in queste terre, contribuendo a un panorama enologico ricco e variegato. L’attenzione verso i vitigni autoctoni e l’interpretazione delle caratteristiche del territorio rappresentano la chiave per il futuro della viticoltura in queste zone, facendo sì che la tradizione si sposi con l’innovazione per creare vini che raccontano la storia e l’identità di queste terre.