Brescia, 6 giugno 2024 – Nel cuore pulsante di Brescia, tra mura che raccontano secoli di storia, è tornata la vendemmia del Vigneto Pusterla, il più grande vigneto urbano d’Europa. Come ogni anno, l’appuntamento richiama appassionati e curiosi sulle pendici del Cidneo, dove la città incontra la vigna e la tradizione si rinnova. A guidare la raccolta c’è Emanuele Rabotti, patron di Monte Rossa e presidente del Consorzio Franciacorta, che da tempo custodisce questo fazzoletto verde incastonato tra le case.
Un pezzo di storia tra le case della città
Il Vigneto Pusterla non è solo un giardino curioso: affonda le sue radici nella storia di Brescia. Già nel 1037, secondo le fonti locali, il Monastero regio di Santa Giulia coltivava uva su queste colline. Oggi, a quasi mille anni di distanza, la vigna si stende per circa tre ettari ai piedi del Castello, tra via Pusterla e via Brigida Avogadro. Un angolo che sorprende chiunque passi: filari ben ordinati, pergole cariche di grappoli e, alle spalle, i tetti della città.
La raccolta dell’Invernenga, un rito che resiste
In questi giorni, sotto un sole cocente di giugno, i vendemmiatori hanno raccolto l’uva Invernenga, una varietà a bacca bianca tardiva coltivata quasi solo qui. “Il Vigneto Pusterla è un raro esempio di agricoltura produttiva urbana, con una coltivazione estesa di sola uva Invernenga e un terroir unico”, spiegano dalla proprietà. La raccolta resta tutta manuale, come vuole la tradizione: forbici affilate, ceste di vimini e mani esperte che scelgono i grappoli migliori.
Tra marne e selci, il segreto della collina
La posizione del vigneto non è casuale. Il medolo – così chiamano la collina che ospita le viti – è fatto di strati calcarei con marne e noduli di selce. “La composizione del terreno e la pendenza assicurano un buon drenaggio, mentre le brezze del pomeriggio puliscono l’aria e l’esposizione regala all’uva un sole perfetto”, spiegano dalla cantina. Non sono solo parole: chi cammina tra i filari sente davvero un’aria diversa, un profumo particolare nella terra.
Il vino dei bresciani: pochi, ma buoni
Dall’uva raccolta nasce il Pusterla, spesso chiamato “il vino di Brescia e dei bresciani”. Si tratta di un bianco fermo, dorato e fresco, con note saline e di mandorla che raccontano il territorio. La produzione resta volutamente piccola: tra le 5.000 e le 6.000 bottiglie all’anno. “Ogni vendemmia è una storia di tempo, esperienza e passione – ha detto Rabotti – gli ingredienti che fanno il vino”. Non è raro vedere qualche anziano della zona affacciarsi per osservare il lavoro, magari ricordando quando da ragazzi aiutavano in vigna.
Un patrimonio da difendere
Il Vigneto Pusterla è oggi una delle poche realtà di agricoltura urbana produttiva in Italia. Le viti più vecchie sfiorano il secolo di vita, alcune sono state messe a dimora negli anni ’20. La loro presenza racconta una Brescia diversa, dove la campagna si intrecciava con la città e il vino era parte della vita quotidiana. “Qui si respira ancora un senso di comunità”, racconta un volontario alla raccolta. Ma non mancano le difficoltà: gestire un vigneto in città richiede cura continua, sia per le piante sia per la convivenza con il tessuto urbano.
Tra passato e futuro: un legame che non si spezza
Guardando avanti, Rabotti non nasconde le difficoltà, ma sottolinea quanto sia importante mantenere viva questa tradizione. “Alle pendici del Castello di Brescia – spiega – ogni vendemmia è un gesto che unisce passato e presente”. Solo così si capisce davvero il valore del Vigneto Pusterla: non una semplice curiosità enologica, ma un pezzo di identità della città che resiste al tempo.
Così, tra filari ordinati e le voci dei vendemmiatori, Brescia rinnova il suo legame con la terra. Un legame fatto di gesti antichi, sapori veri e storie che si intrecciano tra le pietre del castello e i grappoli dorati dell’Invernenga.
