
Salumi: boom dell'export mentre i consumi interni stagnano
Il mercato dei salumi italiani sta attraversando un periodo di forti contrasti. Mentre il settore delle esportazioni continua a crescere, le vendite interne sembrano stagnare. Nel 2023, le vendite di salumi in Italia hanno superato i 7 miliardi di euro, con un incremento dello 0,6% rispetto all’anno precedente. Tuttavia, in termini di quantità, si è registrato un calo dell’1%, con 379mila tonnellate vendute. Questo scenario mette in evidenza una disconnessione tra il mercato domestico e quello internazionale, che richiede attenzione.
Crescita dell’export e sfide interne
Le esportazioni di salumi italiani hanno raggiunto nel 2024 un valore di 2,38 miliardi di euro, corrispondente a circa il 25% del fatturato del settore. Il trend positivo è evidente, con previsioni di aumento del 12,9% in quantità e del 9,5% in valore, superando la media dell’industria alimentare italiana, che si attesta attorno all’8,6%. Nonostante le perdite dovute alla chiusura di mercati chiave come Cina e Giappone a causa della peste suina africana, il settore continua a puntare sull’export.
Fattori che influenzano i consumi interni
Numerosi fattori hanno impattato negativamente sui consumi interni. Tra questi:
- Inflazione: Ha eroso il potere d’acquisto degli italiani.
- Aumento dei prezzi: Il costo della carne suina è aumentato a causa della domanda internazionale e dei costi di produzione.
- Cambiamento nelle preferenze: Si registra un passaggio verso salumi a minor valore aggiunto.
Secondo Davide Calderone, direttore di Assica, il mercato italiano sta raggiungendo una saturazione inevitabile. Le aziende che operano all’estero hanno trovato più facile trasferire i costi sui listini, aumentando le quantità vendute.
Innovazione e opportunità future
La crescita dell’export non è un fenomeno recente, ma il risultato di un lungo lavoro da parte delle aziende italiane. Le barriere normative e burocratiche rappresentano ancora una sfida significativa. Tuttavia, l’insediamento di Giovanni Filippini come nuovo commissario per la lotta alla peste suina ha portato a un approccio più proattivo nella gestione della crisi. Misure recenti hanno già mostrato segnali positivi, come la riduzione dei vincoli in alcune aree produttive.
L’Unione Europea ha adottato un approccio scientifico, implementando restrizioni graduali nelle zone colpite. Si sta considerando di riaprire le frontiere con il Giappone per i prodotti a lunga stagionatura, un’opportunità significativa per i produttori italiani.
Rischi e sfide future
Un’altra incognita è rappresentata dai dazi. Gli Stati Uniti, che hanno mostrato una crescita dell’export di salumi italiani del 20% nel 2024, potrebbero affrontare impatti negativi se i dazi aumentassero. Le aziende italiane, che hanno investito in impianti per affettare e confezionare i salumi negli USA, potrebbero dover affrontare sfide relative ai costi di produzione e spedizione.
In questo contesto, il miglioramento nella conservazione dei salumi preaffettati ha contribuito notevolmente all’espansione dell’export. Questa innovazione ha permesso di offrire prodotti di alta qualità anche in mercati dove non è presente il servizio al banco, rappresentando un vantaggio competitivo per il settore.
In sintesi, mentre il mercato interno dei salumi si trova in una fase di stagnazione, l’export continua a rappresentare una fonte di opportunità e crescita per l’industria. Con una strategia mirata e un approccio innovativo, il futuro dei salumi italiani potrebbe rivelarsi luminoso oltre i confini nazionali.