Verona, 12 giugno 2024 – Il Recioto della Valpolicella entra ufficialmente tra i Presìdi Slow Food, un riconoscimento che segna una nuova tappa per questo vino dolce, simbolo delle colline veronesi. Sono sette le cantine – Corte Merci, Giovanni Ederle, La Dama, Mizzon, Novaia, Roccolo Grassi e Venturini – che hanno deciso di puntare con forza su questa eccellenza spesso oscurata dal più famoso Amarone. L’obiettivo è chiaro: riportare il Recioto al centro della scena enologica locale.
Recioto, un passato glorioso a rischio di scomparsa
La storia del Recioto è antica, si perde nei secoli. Già Plinio il Vecchio ne parlava nel I secolo d.C. Eppure, negli ultimi vent’anni, la sua produzione è calata drasticamente. Oggi il Recioto rappresenta appena lo 0,6% delle bottiglie prodotte in Valpolicella. Il successo mondiale dell’Amarone – nato come Recioto Amaro – ha spinto molti viticoltori a destinare le migliori uve appassite proprio a quel vino, relegando il Recioto a un ruolo da vino da dessert.
“Abbiamo scelto di creare un Presidio per evitare che il Recioto sparisca del tutto”, ha detto Roberto Covallero, presidente di Slow Food Veneto e coordinatore del progetto. “Si parte da questi sette produttori, ma l’idea è coinvolgere anche altre cantine, soprattutto quelle piccole, legate al territorio e alla tradizione”.
Regole severe per una rinascita autentica
Il nuovo Presidio Slow Food del Recioto si basa su un disciplinare molto più rigido rispetto alla Docg. Niente diserbanti chimici, uve da vigne di almeno 15 anni coltivate direttamente dai produttori. L’appassimento deve avvenire in fruttaio per almeno 100 giorni, senza accelerazioni artificiali. La solforosa è mantenuta al minimo indispensabile. E il vino può essere messo in commercio solo dopo cinque anni dalla vendemmia, di cui almeno uno in bottiglia.
“Vogliamo riportare in vita quel vino che tutti ricordano”, spiega Nicola Perusi, titolare della Cantina Mizzon e portavoce dei produttori del Presidio. “Un tempo si facevano due versioni di Recioto: una giovane e una invecchiata. Proprio quest’ultima, che raggiungeva grandi livelli, è stata quasi abbandonata per far spazio all’Amarone. Ma il Recioto dà il meglio con l’invecchiamento: è lì che si apre, si fa profondo e complesso”.
Tradizione e rispetto del territorio
Il regolamento del Presidio tutela anche i terrazzamenti e il paesaggio rurale storico della Valpolicella. Le cantine si impegnano a produrre il Recioto solo nelle annate migliori, quando la qualità delle uve è davvero alta. “Non vogliamo solo salvare un tipo di vino”, sottolinea Corinna Gianesini, collaboratrice della guida Slow Wine e una delle autrici del disciplinare. “L’obiettivo è proteggere un’intera terra”.
La tecnica dell’appassimento – lasciare disidratare i grappoli selezionati nei fruttai durante l’inverno – è antichissima. Plinio il Vecchio la citava come metodo per ottenere il vino acinaticum; Cassiodoro, nel IV secolo d.C., descriveva un succo denso e zuccherino che i lieviti facevano fatica a trasformare in alcol: “mosto invernale, freddo sangue delle uve”.
Le uve autoctone e il legame con la terra
Il nome “Recioto” deriva da “rècie”, cioè le “orecchie” dei grappoli – le ali laterali – scelte per la loro maturità e appese ai tralicci per l’appassimento. Il vino nasce da vitigni locali: corvina, corvinone, rondinella, con aggiunte minori di molinara, oseleta, pelara, dindarella, spigamonti e turchetta.
Le prime uscite ufficiali del Presidio sono già in programma. Tra queste, la partecipazione alla Slow Wine Fair 2026 a BolognaFiere, dal 22 al 24 febbraio.
Il futuro del Recioto è appena cominciato
“Questo vino ha una storia millenaria”, ricorda Perusi. “Deve tornare a essere il grande vino della Valpolicella”. La sfida passa anche dalla ristorazione: riportare il Recioto sulle tavole non solo come vino da dessert, ma anche come compagno dei piatti salati della tradizione veronese.
Il cammino è appena iniziato. Ma sulle colline della Valpolicella, sette cantine hanno già deciso di scommettere su un futuro diverso per il loro vino più antico.
 
 