Nuove frontiere del vino in Belgio: Cowez parla di produzione consapevole

Nuove frontiere del vino in Belgio: Cowez parla di produzione consapevole

Nuove frontiere del vino in Belgio: Cowez parla di produzione consapevole

Redazione Vinamundi

30 Ottobre 2025

Bruxelles, 5 giugno 2024 – Il vino belga si trova a un punto di svolta. Anche se il numero di produttori e la superficie coltivata continuano a salire, la produzione di vino nel 2024 ha subito un crollo, toccando il livello più basso degli ultimi sette anni. A fare il punto è Thierry Cowez, presidente dell’Union des Œnologues de Belgique, che in un’intervista a Vinonews24 ha descritto un settore in fermento, ma alle prese con grandi difficoltà.

Produzione giù del 64%, ma il settore tiene duro

I dati parlano chiaro: la produzione vinicola belga nel 2024 si è fermata a 1.225.747 litri, un calo pesante del 64% rispetto al 2023. Un tonfo che non si vedeva dal 2017. Il colpevole? Il maltempo. Gelate tardive ad aprile hanno danneggiato i germogli, poi una primavera bagnata e umida, fino a giugno, ha favorito malattie fungine. “Circa il 20% dei viticoltori non ha raccolto nulla o quasi”, spiega Cowez, con la situazione più critica in Vallonia (21%) rispetto alle Fiandre (18%).

Nonostante tutto, il settore non si arrende. Nel 2024 i viticoltori registrati sono saliti a 321, contro i 290 del 2023 e i 259 del 2022, un aumento dell’11%. La crescita è soprattutto nelle Fiandre, dove sono nati 19 nuovi progetti, mentre in Vallonia se ne contano 12. La provincia delle Fiandre Occidentali guida la classifica con sette nuovi produttori.

La superficie vitata cresce: +11% in un anno

Anche la superficie vitata continua a espandersi: nel 2024 si toccano i 958 ettari, contro gli 891 del 2023 e gli 801 del 2022. Un altro +11% che dimostra come il settore creda nelle sue possibilità, nonostante il clima ostile. “Tutto si muove in fretta: il settore si sviluppa, si reinventa e comunica”, racconta Cowez, sottolineando come la crescita sia stata spinta da progetti solidi, sia dal punto di vista tecnico che economico.

Il caso belga è spesso citato come esempio di viticoltura emergente in territori tradizionalmente troppo freddi. Il cambiamento climatico sta aprendo nuove strade per la vite in zone che prima sembravano poco adatte. Qui si punta soprattutto su vini bianchi e spumanti, che meglio si adattano al territorio.

Le tre zone chiave del vino belga

Oggi i produttori sono sparsi in tutto il Belgio, ma Cowez individua tre aree principali: il Belgio occidentale, vicino al confine francese, con terreni calcarei simili alla Champagne; la Valle della Meuse, con i suoi pendii e la lunga tradizione viticola; e l’Hesbaye, zona un tempo dedicata alla frutta, ora sempre più orientata verso la vite.

Le prime aziende pionieristiche hanno mosso i primi passi decenni fa. Il vero salto è avvenuto nei primi anni Duemila: “Domaine des Agaises ha iniziato a produrre la cuvée Ruffus nel 2003, oggi il marchio più noto del Belgio”, ricorda Cowez. Tra il 2010 e il 2020 la superficie vitata è cresciuta di sei volte e da allora è quasi raddoppiata.

Qualità e ricerca: il valore aggiunto

La qualità è migliorata grazie all’arrivo di tecnici stranieri e al ritorno in patria di esperti belgi. “Fin dall’inizio la ricerca della qualità è stata una priorità”, dice Cowez. L’Ath Higher Education School è un punto di riferimento per i viticoltori, offrendo supporto nella ricerca, nel monitoraggio del meteo e nello studio dei microrganismi. L’Università di Louvain-la-Neuve ha condotto studi sui vitigni e sui terreni locali, collaborando con istituti come l’ISVV di Bordeaux.

Il settore sta ancora cercando la sua identità. “Il Belgio è un paese di appassionati, ma senza una vera tradizione vinicola, quindi può costruirsi una storia tutta sua”, osserva Cowez. Oggi convivono vigneti tradizionali – con pinot e chardonnay – e realtà bio che provano varietà resistenti come solaris, souvignier gris e johanniter.

Birra e vino: due mondi che si parlano

In Belgio la birra resta la regina della tavola, ma per Cowez non c’è rivalità con il vino. “Birra e vino si completano”, sottolinea. La nascita della produzione vinicola porta nuove opportunità per il turismo e l’economia delle regioni. “Io stesso sono ingegnere birraio e enologo”, racconta, mettendo in luce le sinergie già in corso tra i due mondi.

Giovani, consumi e l’appeal del vino italiano

Sul fronte consumi, Cowez nota che i giovani non bevono meno, ma scelgono modi diversi. “I tempi e le abitudini sono cambiati”, spiega. Quanto ai vini italiani, la domanda è alta per tutti i tipi, dai grandi Barolo ai vini senza indicazione geografica. Il punto di forza dell’Italia? “La varietà di climi, territori e stili”.

Il futuro del vino belga è ancora tutto da scrivere. Tra sfide climatiche e nuove opportunità, il settore continua a cambiare volto, guardando avanti con fiducia.

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