A New York è stato reso omaggio a Giulio Gambelli nel centenario della sua nascita, ricordando il “Maestro del Sangiovese” che con sensibilità e talento ha contribuito a portare il vino toscano ai vertici dell’enologia internazionale. La serata si è svolta al ristorante The Leopard at des Artistes, nel centro di Manhattan, luogo scelto per celebrare l’impronta lasciata da Gambelli nel mondo del vino.
L’iniziativa promossa dalla nipote
L’evento è stato ideato e coordinato da Bianca Panichi, nipote del celebre esperto, che ha riunito alcune delle aziende con cui Gambelli aveva costruito un rapporto di collaborazione e fiducia nel corso della sua lunga attività. Pur non avendo una formazione da enologo, è ricordato per la sua straordinaria capacità di “leggere” un vino grazie a un palato e a un olfatto considerati quasi infallibili, qualità che lo hanno reso una figura di riferimento per intere generazioni di produttori.
Una degustazione simbolo dell’eredità gambelliana
Al centro della serata una degustazione che ha messo in fila etichette significative legate al percorso professionale di Gambelli. Sono state presentate alcune delle annate più attese e rappresentative delle cantine partecipanti, offrendo un’occasione di confronto tra produttori e operatori del settore sulla visione e sull’approccio che il Maestro ha trasmesso nel tempo.
Le cantine presenti e il valore culturale dell’evento
In degustazione i vini di Montevertine, Poggio di Sotto, Soldera Case Basse, Tenuta di Bibbiano e Villa Rosa. L’incontro è stato descritto come non solo un tributo, ma anche un ponte tra Italia e Stati Uniti, confermando come il metodo e la filosofia di Gambelli continuino a ispirare chi lavora con il Sangiovese e con il patrimonio vitivinicolo toscano.
Le parole di Bianca Panichi
Bianca Panichi ha espresso il proprio orgoglio nel riportare il nome del nonno a New York, ricordando il giovane partito dall’Enopolio di Poggibonsi che, con impegno e umiltà, contribuì alla nascita di vini oggi considerati tra i più apprezzati al mondo. Per lei, celebrare la sua memoria negli Stati Uniti significa riconoscere un’eredità che parla un linguaggio universale, fatto di semplicità, autenticità e profondo rispetto per il territorio.
