Verona, 8 novembre 2025 – Il vino italiano si trova a un momento decisivo: deve riuscire a parlare ai giovani e allo stesso tempo rafforzare la sua presenza sui mercati esteri. Per farlo, il settore punta su unità e innovazione, elementi chiave per restare competitivo. A dirlo è Federico Bricolo, presidente di Veronafiere, nell’intervista raccolta per il Libro Bianco del Vino e pubblicata sul numero 146 de I Grandi Vini. In un mondo dove spuntano nuove barriere commerciali e la domanda cambia velocemente, la strategia è chiara: promuovere il vino italiano in modo più compatto, valorizzando la sua identità senza dimenticare le radici locali.
Uniti per far crescere il vino italiano nel mondo
“La forza della filiera è l’arma principale per difendere il vino italiano”, spiega Bricolo. Le difficoltà economiche degli ultimi anni hanno insegnato che solo facendo sistema si può andare avanti. La priorità è una promozione internazionale che sappia parlare anche ai giovani, usando nuovi modi di comunicare e puntando su valori come la convivialità e la moderazione. “Solo così – aggiunge – potremo fronteggiare le politiche protezionistiche, soprattutto quelle degli Stati Uniti, e mantenere il nostro ruolo di leader”.
In questa direzione va il progetto Vinitaly and the City, che porta il vino fuori dalle fiere per farlo vivere nelle piazze e nei centri storici. Un modo per “rafforzare il legame con i territori e promuovere l’enoturismo”, coinvolgendo un pubblico più vasto e variegato.
Dove punta Veronafiere: mercati emergenti e presenza costante
Vinitaly non è solo la fiera di Verona, in programma dal 12 al 15 aprile 2026. Il lavoro continua tutto l’anno con eventi e roadshow nei mercati più importanti. “Siamo attivi negli Stati Uniti con Vinitaly.USA a Chicago, in Cina con Wine to Asia, e organizziamo iniziative in India, Kazakistan, Corea del Sud, Giappone, Thailandia”, ricorda Bricolo. L’obiettivo è chiaro: rafforzare i mercati storici e aprire nuove strade in zone con grande potenziale come il Nord Europa (Norvegia, Svezia, Polonia), i Balcani (Serbia, Albania), le Americhe (Canada, Brasile) e l’Eurasia.
Un lavoro continuo che punta anche a selezionare i migliori buyer da invitare a Verona, il cuore pulsante della strategia. “Veronafiere vuole essere un ponte tra produttori italiani e operatori stranieri, offrendo occasioni concrete per incontrarsi”, sottolinea Bricolo.
Radici forti e turismo: il vino italiano che parla alle nuove generazioni
Il patrimonio del vino italiano conta 545 vitigni autoctoni riconosciuti, un tesoro che, secondo Bricolo, è “un vantaggio unico al mondo”. Per raccontarlo però serve una storia che coinvolga anche i giovani. Da qui nasce Vinitaly Tourism, progetto dedicato all’enoturismo esperienziale. “Vogliamo far scoprire i territori attraverso i loro vini”, spiega il presidente di Veronafiere, “creando esperienze che attirino anche i più giovani”.
La sfida non è solo all’estero. “Dobbiamo saper parlare delle nostre radici anche in Italia”, continua Bricolo, convinto che la promozione internazionale debba andare di pari passo con la valorizzazione delle eccellenze locali. Un equilibrio delicato, che richiede di innovare senza perdere l’autenticità.
Le regole del gioco: il ruolo delle istituzioni
Sul fronte delle norme, Bricolo è chiaro: Veronafiere non entra nelle questioni legislative. “Il nostro compito è promuovere e portare il vino italiano nel mondo. Le leggi spettano alle aziende e alle associazioni di categoria”. Una posizione netta, che conferma il ruolo della fiera come luogo di incontro e promozione.
In sintesi, il vino italiano guarda avanti con la consapevolezza delle sue radici, ma anche con la voglia di parlare un linguaggio nuovo. La sfida è restare forte in un mondo che cambia in fretta, senza mai dimenticare i territori da cui tutto nasce.
