Roma, 9 novembre 2025 – La pesca in Italia è a un bivio. Da un lato c’è la minaccia di tagli pesanti ai finanziamenti europei dopo il 2027, dall’altro una crisi demografica che sta svuotando i pescherecci di giovani. «Se non saranno i tagli europei a fermare la pesca italiana, rischiamo che lo faccia la mancanza di ricambio generazionale», avverte Gilberto Ferrari, responsabile pesca di Confcooperative, alla vigilia del confronto sulla legge di bilancio e del negoziato Ue sui fondi per il settore.
Tagli pesanti dalla Politica comune della pesca
La proposta della Commissione europea per il periodo 2028-2035 mette sul piatto meno di 190 milioni di euro per la Politica comune della pesca. Un calo netto rispetto ai circa 500 milioni stanziati per il settennio 2021-2027. Un taglio che, per le associazioni di categoria, potrebbe essere un colpo durissimo per un comparto già stretto nella morsa di restrizioni e concorrenza straniera. «La prossima manovra deve puntare a tutelare davvero i lavoratori e favorire il ricambio generazionale», spiega Ferrari. «Il Piano Mattei deve servire anche a formare nuovi pescatori, magari anche stranieri, che vengano a lavorare da noi. Altrimenti rischiamo che il settore si blocchi prima ancora che la politica europea entri in vigore».
Pesce straniero in aumento, giovani in fuga
I numeri di Coldiretti Pesca sono impietosi. Negli ultimi 40 anni l’Italia è passata da un 30% a un 90% di dipendenza dalle importazioni di pesce. Nel 2024 sono arrivate sulle nostre tavole quasi 840mila tonnellate di pesce dall’estero, mentre la produzione nazionale ha toccato appena 130mila tonnellate. È la fotografia di un settore che fatica a rinnovarsi e a tenere il passo. «Come in agricoltura, la pesca è fatta di tante realtà diverse», aggiunge Ferrari. A soffrire di più sono soprattutto i pescherecci a strascico, fondamentali per crostacei e pesci di fondo, che rappresentano una buona fetta della produzione e delle imbarcazioni coinvolte.
Il fermo pesca: una pausa necessaria ma complicata
In ottobre si è svolto il tradizionale fermo pesca nel Tirreno, nello Ionio e nelle Isole, mentre in Adriatico la pesca è ripartita dopo la pausa estiva tra luglio e agosto. Questo blocco riguarda tutta la pesca a strascico. Nonostante la sospensione, Coldiretti Pesca segnala che il mercato nazionale non ha subito vuoti grazie al contributo della piccola pesca costiera, delle draghe, dell’acquacoltura e delle aree non soggette al fermo. Le associazioni però chiedono di rivedere il modo in cui si calcolano i fermi: secondo loro andrebbero basati sulle ore effettive di pesca, non su periodi fissi.
Sostenibilità e futuro in bilico
Negli ultimi cinque anni, la politica europea ha tagliato del 40% la capacità di pesca. Ma questo non ha migliorato i conti delle imprese, che hanno perso in media il 30% del fatturato. A complicare il quadro c’è la crisi climatica che sta cambiando l’equilibrio nel Mediterraneo. «L’atteggiamento della Commissione rischia di penalizzare proprio il Mediterraneo», spiega Ferrari. «Si pensa che l’area sia indietro sulla tutela delle risorse e che la pesca sia eccessiva. Ora stiamo cercando di recuperare, ma questo costa in termini di produzione e reddito per i pescatori».
Il vero problema resta trovare un equilibrio tra sostenibilità ambientale, economica e sociale. Le associazioni chiedono che la nuova politica europea tenga conto delle particolarità italiane e delle difficoltà legate al ricambio generazionale. «Quello che ci preoccupa di più», conclude Ferrari, «è proprio trovare una strada che metta d’accordo ambiente, economia e società». Solo così il settore potrà guardare avanti senza troppe incertezze.
