Verona, 17 novembre 2025 – Il futuro del vino italiano negli Stati Uniti è appeso a un filo sottile, come ha spiegato ieri Lamberto Frescobaldi, presidente dell’Unione italiana vini (Uiv), durante la prima giornata di Vinitaly 2025. Il nodo della questione è la crescente pressione dei distributori americani, che con lettere ufficiali hanno già comunicato alle aziende italiane il loro netto rifiuto di qualsiasi aumento di prezzo sui vini importati. Una situazione che rischia di mettere in crisi tutta la filiera, proprio mentre gli Stati Uniti pesano per il 24% sull’export totale del vino italiano.
Distributori Usa spingono, la filiera rischia il collasso
“Arrivano dagli Stati Uniti le prime lettere dai distributori che non vogliono sentire parlare di sovrapprezzi sui nostri vini”, ha raccontato Frescobaldi ai giornalisti a Verona. “Adesso si sta aprendo una vera e propria battaglia su chi dovrà farsi carico dei minori guadagni, pur di mantenere i prezzi fermi sugli scaffali”. Il presidente dell’Uiv ha messo in chiaro che le aziende italiane non devono piegarsi, ma anzi “dovrebbero far valere il loro peso commerciale, perché il nostro vino è un valore che arricchisce soprattutto la catena distributiva americana”.
I numeri dell’Osservatorio Uiv parlano chiaro: il sacrificio richiesto a tutta la filiera – dalla produzione alla vendita – potrebbe far perdere circa 323 milioni di euro ogni anno. Parliamo di quasi 480 milioni di bottiglie spedite ogni anno oltre Oceano. “Secondo Uiv, tutta la filiera dovrà accettare una riduzione dei ricavi per mantenere i prezzi stabili nel punto vendita, altrimenti molte aziende rischiano di uscire dal mercato”, ha ribadito Frescobaldi.
Francia 2020, un campanello d’allarme per l’Italia
I produttori italiani guardano con preoccupazione a quanto successo nel 2020 con i vini francesi. Allora, l’introduzione di dazi extra del 25% da parte degli Stati Uniti aveva fatto crollare il valore delle esportazioni francesi del 28%. “Dobbiamo evitare a tutti i costi che si ripeta quel disastro”, ha avvertito Frescobaldi. “Per questo siamo pronti a collaborare con il Governo per spiegare nel dettaglio cosa sta succedendo lungo tutta la catena commerciale”.
Il presidente dell’Uiv ha lanciato un appello chiaro all’esecutivo italiano: “Contiamo che il Governo porti in Europa le ragioni del nostro settore e apra un confronto serio per evitare che la pressione sui prezzi si traduca in una perdita di mercato negli Stati Uniti”.
L’export italiano vale miliardi e muove l’economia Usa
Nel 2024, le vendite di vini italiani negli Usa hanno sfiorato i 2 miliardi di euro, confermando il ruolo chiave del mercato americano per il nostro vino. Gli Stati Uniti sono il primo sbocco fuori dall’Europa per i produttori italiani, con una quota più alta rispetto a Francia (20%) e Spagna (11%).
Ma non è tutto: ogni dollaro speso in vino importato crea, secondo l’Osservatorio Uiv, un ritorno di 4,5 dollari sull’economia americana. Questo dimostra che il valore del vino italiano va ben oltre la semplice bottiglia. “Il nostro prodotto dà valore a tutta la catena commerciale negli Stati Uniti”, ha sottolineato Frescobaldi, ricordando quanto sia nell’interesse di tutti mantenere condizioni di accesso al mercato stabili e sostenibili.
Tra sfide e strategie, il futuro è ancora incerto
Resta da vedere come reagiranno i distributori americani e quali mosse farà la filiera italiana. Fonti interne alle associazioni di categoria raccontano che alcune aziende stanno già pensando a nuove strade: rafforzare i legami diretti con i negozianti statunitensi o puntare su mercati diversi.
La partita è ancora aperta. E mentre a Verona si brinda ai successi di ieri, tra i padiglioni di Vinitaly si respira la consapevolezza che il futuro del vino italiano negli Stati Uniti dipenderà dalla capacità di tenere insieme competitività e sostenibilità lungo tutta la filiera.
