Il tema della cittadinanza italiana per i discendenti di emigrati è tornato al centro del dibattito politico con l’approvazione di nuove norme da parte del Consiglio dei ministri. In un contesto in cui l’Italia ha una delle più ampie comunità di italiani all’estero e un gran numero di italo-discendenti, le nuove regole mirano a limitare l’accesso alla cittadinanza iure sanguinis, un principio che ha finora garantito la trasmissione della cittadinanza per generazioni.
I nuovi provvedimenti, che comprendono un decreto legge e un disegno di legge, stabiliscono che i discendenti di cittadini italiani nati all’estero potranno ottenere la cittadinanza italiana solo per due generazioni. In altre parole, solo le persone con almeno un genitore o un nonno nati in Italia potranno essere automaticamente riconosciute come cittadini italiani. Questo cambiamento rappresenta una significativa modifica rispetto alla normativa precedente, che consentiva una trasmissione della cittadinanza potenzialmente illimitata nel tempo. I figli di cittadini italiani, invece, continueranno a ottenere automaticamente la cittadinanza se nati in Italia o se almeno uno dei genitori ha risieduto in Italia per due anni prima della nascita.
Un altro aspetto rilevante delle nuove disposizioni riguarda le modalità di accertamento della cittadinanza. Le nuove norme stabiliscono che il richiedente non può avvalersi di giuramenti o testimonianze come prova per dimostrare la propria cittadinanza italiana. Sarà dunque onere del richiedente dimostrare l’insussistenza di cause di perdita della cittadinanza, il che potrebbe complicare ulteriormente le procedure di riconoscimento per molti italo-discendenti.
Le nuove regole impongono anche che l’atto di nascita dei discendenti nati all’estero deve essere registrato prima che compiano 25 anni. Questa modifica è motivata dall’idea che un ritardo nella registrazione possa indicare una mancanza di legami effettivi con l’Italia. Se non si rispetta questo termine, il diritto alla cittadinanza per quella persona sarà considerato decaduto.
Ulteriori cambiamenti riguardano la perdita della cittadinanza per “desuetudine”. I cittadini italiani nati all’estero che non mantengono legami con l’Italia per un periodo di 25 anni e che possiedono un’altra cittadinanza rischiano di perdere il diritto alla cittadinanza italiana. Questo punto ha suscitato preoccupazioni, in quanto potrebbe portare a una perdita significativa di cittadini italiani all’estero, in particolare tra le generazioni più giovani.
Il governo ha anche introdotto misure per incentivare l’immigrazione di ritorno. I figli minori di cittadini italiani potranno acquisire la cittadinanza se nati in Italia o se si trasferiscono nel Paese per due anni, a patto che i genitori manifestino una dichiarazione di volontà al riguardo. Inoltre, chi ha perso la cittadinanza potrà riacquistarla solo se risiede in Italia per due anni. Queste misure puntano a rafforzare i legami con la diaspora italiana, incoraggiando un ritorno più significativo di connazionali.
In sintesi, la stretta sullo ius sanguinis segna un cambiamento significativo nelle politiche italiane riguardanti la cittadinanza. Se da un lato si cerca di evitare abusi e di garantire che la cittadinanza italiana rimanga un privilegio e un riconoscimento serio, dall’altro si corre il rischio di escludere molte persone legate all’Italia da profondi legami familiari e culturali. La sfida sarà quella di trovare un equilibrio tra la protezione della cittadinanza italiana e il supporto alla diaspora, che da sempre ha contribuito a plasmare l’identità e la storia del Paese.
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