
Chiedere soldi per certificati medici di astensione dal lavoro è reato, dice la Cassazione
La recente sentenza della Corte di Cassazione ha messo in luce un aspetto cruciale della legalità nel settore sanitario, affermando che richiedere denaro per il rilascio di certificati medici di astensione dal lavoro è un reato di istigazione alla corruzione. La decisione, contenuta nella sentenza n. 19409 del 2025, riafferma l’importanza dell’integrità professionale e della trasparenza all’interno del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), sottolineando che anche le pratiche considerate di lieve entità non possono essere tollerate.
Il caso del medico condannato
Il caso specifico coinvolge un medico convenzionato con il SSN, accusato di aver chiesto 30 euro per la redazione di certificati medici in due occasioni. La Corte d’Appello di Milano aveva già condannato il professionista, ritenendolo colpevole ai sensi dell’articolo 322, comma 3, del codice penale. Il medico ha presentato ricorso, sostenendo che vari elementi avrebbero dovuto escludere la configurabilità del reato.
Tra le argomentazioni difensive, l’imputato ha messo in evidenza che:
- Le richieste di denaro erano state fatte in toni amichevoli e scherzosi.
- L’importo richiesto era esiguo.
- Non ci sono state ripetute richieste di denaro.
- Nessun paziente ha cambiato medico dopo l’accaduto.
- Alcuni testimoni non hanno percepito il disvalore della condotta.
La posizione della Corte di Cassazione
Tuttavia, la Corte di Cassazione ha respinto queste argomentazioni, affermando che l’idoneità dell’offerta di denaro deve essere valutata prima della condotta, e non in base alle percezioni dei pazienti. La giurisprudenza chiarisce che anche una richiesta di modesta entità può configurarsi come reato se ha il potenziale di influenzare l’azione di un pubblico ufficiale, come nel caso di un medico.
La Corte ha evidenziato che il comportamento del medico violava i doveri di correttezza e lealtà, dimostrando una tendenza alla violazione di norme etiche e legali. Inoltre, ha sottolineato che la reiterazione di comportamenti simili esclude la possibilità di applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131-bis del codice penale.
Implicazioni e responsabilità
Questa sentenza si inserisce in un contesto più ampio di lotta alla corruzione e promozione della trasparenza nel settore sanitario. La fiducia dei pazienti nei professionisti è cruciale per garantire un sistema sanitario equo e giusto. È fondamentale che i cittadini siano consapevoli dei propri diritti, informati che il rilascio di certificati medici non può essere subordinato a pagamenti non autorizzati e incoraggiati a denunciare comportamenti illeciti.
Inoltre, questa situazione evidenzia la responsabilità degli enti preposti al controllo delle professioni sanitarie. Le autorità e le associazioni di categoria devono monitorare e perseguire comportamenti scorretti, non solo per tutelare i pazienti, ma anche per preservare l’integrità della professione medica.
La sentenza della Corte di Cassazione rappresenta un importante passo avanti nella lotta contro la corruzione nel settore sanitario, riaffermando che ogni forma di corruzione, anche se minima, deve essere condannata e perseguita con fermezza. Questo approccio non solo protegge i diritti dei cittadini, ma contribuisce anche a garantire un sistema sanitario più giusto e trasparente per tutti.