Cheese 2025: come il cibo può diventare un ponte di pace

Cheese 2025: come il cibo può diventare un ponte di pace

Cheese 2025: come il cibo può diventare un ponte di pace

Redazione Vinamundi

23 Settembre 2025

Nel cuore dell’Europa mediterranea, dove la cultura gastronomica è spesso celebrata come simbolo di unione e condivisione, emergono realtà drammatiche che ci costringono a riconsiderare il vero significato del cibo. Durante l’inaugurazione di Cheese 2025, il fondatore di Slow Food, Carlo Petrini, ha messo in luce una verità inquietante: in Palestina, la società civile, e in particolare donne e bambini, stanno pagando il prezzo più alto di un conflitto che ha trasformato il cibo, da fonte di vita e mezzo di comunicazione, in un’arma di guerra.

il festival cheese e il suo messaggio di pace

Cheese, un festival dedicato ai formaggi e alla biodiversità alimentare, ha scelto di affrontare queste tematiche con un approccio consapevole e sensibile. L’evento ha ribadito con forza il diritto al cibo per tutti, ponendo l’accento sull’importanza di utilizzare la gastronomia come strumento per costruire ponti e promuovere la pace. In un contesto globale dove le risorse alimentari sono sempre più minacciate da conflitti e ingiustizie, è fondamentale ricordare che il cibo non dovrebbe mai essere un motivo di divisione, ma piuttosto un mezzo per unire le persone.

Uno degli aspetti più significativi di Cheese 2025 è stato il gemellaggio tra il Comune di Bra e la Città di Betlemme, attraverso la collaborazione con VIS-Volontariato Internazionale per lo sviluppo. Durante l’evento, sono stati presentati progetti che mirano a sostenere le comunità palestinesi, come:

  1. Il progetto dei vini dei Salesiani di Cremisan.
  2. La Scuola Juzoor in Cisgiordania.

Questi progetti non solo offrono un’alternativa economica per le famiglie locali, ma rappresentano anche un gesto concreto di speranza e resistenza.

i progetti di sostenibilità in palestina

Il progetto dei vini del Monastero di Cremisan è emblematico di questa visione. Situato nei pressi di Betlemme, il monastero si estende su 25 ettari e produce circa 250.000 bottiglie di vino all’anno. I proventi della vendemmia sostengono le opere salesiane locali, come scuole e centri giovanili, offrendo un’opportunità di crescita e formazione ai giovani della zona. Luca Cristaldi, rappresentante di VIS, ha spiegato che nonostante le difficoltà, quest’anno è stato possibile vendemmiare e vinificare, con l’obiettivo di espandere la distribuzione anche in Italia grazie alla collaborazione con Slow Food. La posizione del monastero, adiacente al muro che divide la Cisgiordania, rende ancora più significativa questa iniziativa: il vino diventa così un simbolo di resilienza in un contesto di divisione.

Parallelamente, il progetto della Scuola Juzoor è focalizzato sull’educazione e il supporto psicosociale per bambini e insegnanti. La costruzione di una nuova scuola primaria nel villaggio di Khallet Taha, insieme alla ristrutturazione di istituti esistenti, mira a garantire un’istruzione di qualità nonostante le difficoltà quotidiane. In un contesto dove le risorse sono limitate e i conflitti quotidiani possono interrompere il processo educativo, queste iniziative rappresentano un faro di speranza.

la testimonianza di fidaa abuhamdiya

Cheese 2025 ha anche avuto il privilegio di ospitare la cuoca e divulgatrice palestinese Fidaa Abuhamdiya. Cresciuta a Jabalia, nella Striscia di Gaza, e ora residente tra Padova ed Hebron, Fidaa ha condiviso la sua esperienza personale nel coniugare la passione per la cucina con la realtà del suo paese. La sua storia mette in evidenza come il cibo possa essere un mezzo per raccontare la cultura e la lotta del popolo palestinese. “È difficile parlare di cibo e pace in Palestina mentre si cerca di sopravvivere con quel poco che c’è a disposizione,” ha affermato Fidaa. “Il cibo è usato come un’arma, e la pace sembra un concetto distante.”

Nonostante la drammaticità della situazione, Fidaa crede fermamente nella potenza del cibo come strumento di narrazione e connessione. “Per noi, tornare a coltivare la terra, raccogliere le olive e camminare tra le colline alla ricerca di erbe selvatiche è un atto di resistenza,” ha sottolineato. Questo atto di coltivare e condividere il cibo diventa un modo per riaffermare la propria identità e cultura in un contesto di oppressione.

Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia, ha ribadito l’impegno dell’organizzazione per affermare il diritto al cibo come un diritto fondamentale per tutti. “Il cibo deve essere uno strumento di pace e benessere, non di guerra e morte,” ha dichiarato, sottolineando l’importanza della partecipazione a eventi come la Marcia per la Pace Perugia-Assisi, che si svolgerà il 12 ottobre. Questo tipo di iniziativa rappresenta un ulteriore passo verso la sensibilizzazione e l’educazione riguardo alle problematiche legate al cibo e alla pace, facendo eco al messaggio di Cheese 2025: il cibo deve essere un mezzo per costruire legami e non per distruggerli.

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