Alto Adige: scoperte le nuove UGA che cambieranno il futuro del territorio

Alto Adige: scoperte le nuove UGA che cambieranno il futuro del territorio

Alto Adige: scoperte le nuove UGA che cambieranno il futuro del territorio

Redazione Vinamundi

29 Ottobre 2025

Bolzano, 8 gennaio – Un passo importante per i vini dell’Alto Adige: il Ministero dell’Agricoltura ha ufficialmente riconosciuto le Unità Geografiche Aggiuntive (UGA). Da oggi, aree come Gries, Mazon, Eppan Berg e Brenntal potranno comparire in etichetta accanto alla denominazione “Alto Adige Doc”. Si tratta di 86 zone ben precise, frutto di un lavoro lungo e dettagliato, pensato per dare più forza all’identità di una regione che esporta ogni anno circa 40 milioni di bottiglie in paesi come Stati Uniti, Germania, Belgio, Olanda, Regno Unito e Svezia. Il fatturato del settore, secondo il Consorzio Vini Alto Adige, ha toccato nel 2023 quota 350 milioni di euro e si prevede stabile anche per il 2024.

Riconoscere il territorio: un percorso lungo anni

Questo risultato non è arrivato per caso. Il Consorzio Vini Alto Adige ha lavorato a lungo, coinvolgendo agronomi, enologi, viticoltori e storici della viticoltura. “Abbiamo creato commissioni locali per dividere le zone e capire quali vitigni si adattano meglio a ogni singola area”, spiega Andreas Kofler, presidente del Consorzio e della Cantina Kurtatsch. La mappatura è stata complessa: per definire le UGA si è tenuto conto di tutto, dal terroir al microclima, dall’altitudine alla pendenza del terreno, fino all’esposizione al sole e alla circolazione dell’aria. Solo così è stato possibile tracciare confini precisi.

La storia che parla nei vini

Un punto chiave del progetto è il legame con la storia del territorio. “Abbiamo dato grande importanza ai nomi storici delle zone di coltivazione, risalendo addirittura al Catasto Teresiano del Settecento”, racconta Martin Foradori, vicepresidente del Consorzio e proprietario della Tenuta J.Hofstätter di Termeno. La scelta dei vitigni non è stata casuale: per ogni UGA sono state scelte le varietà più rappresentative. Ma, precisa il direttore Eduard Bernhart, i produttori potranno comunque coltivare tutte le varietà consentite in Alto Adige. Solo i vini fatti con uve selezionate però potranno riportare la menzione UGA in etichetta.

Meno quantità, più qualità

Le nuove regole introducono anche un taglio nelle rese: “Abbiamo deciso di ridurre del 25% la quantità di uva rispetto a quanto previsto per la DOC Alto Adige”, spiega Kofler. L’obiettivo è chiaro: “Vogliamo che nel bicchiere si sentano davvero le caratteristiche uniche di ogni zona. Il terroir deve essere qualcosa di tangibile, non solo una parola usata per vendere”. In alcune UGA sono stati scelti fino a cinque vitigni diversi, in altre uno o due, a seconda delle caratteristiche del territorio.

Etichette più chiare per chi compra

Un’altra novità riguarda l’etichetta: oltre a indicare la zona di origine, i produttori dovranno inserire un pittogramma creato dal Consorzio. Sarà un segno chiaro per i consumatori, che così potranno riconoscere subito i vini delle UGA. “In questo modo sarà più semplice distinguere questi prodotti dal resto dell’offerta”, spiega Bernhart.

Il futuro dei vini altoatesini

Il settore guarda avanti con ambizione. “Se il progetto prenderà piede, come già successo in altre aree famose, queste zone diventeranno sinonimo di vini grandi, unici e riconoscibili”, dice Kofler. Si pensa a modelli come la Borgogna o il Piemonte, dove la zonazione ha dato una spinta importante alla reputazione internazionale.

Per il momento, l’Alto Adige si gode il frutto di un lavoro lungo e condiviso. Le prime bottiglie con la nuova etichetta arriveranno sul mercato nei prossimi mesi. Sarà allora che consumatori e operatori potranno capire se la scommessa sulle UGA porterà davvero un salto di qualità, non solo sulla carta ma soprattutto nel bicchiere.

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