
Albano Vason: il vino dealcolato come nuova bevanda nutraceutica
Il mondo del vino sta vivendo una trasformazione radicale, e tra i protagonisti di questa evoluzione troviamo Albano Vason, direttore generale di VasonGroup, un’importante realtà internazionale nel settore dell’industria enologica, agroalimentare e del beverage. VasonGroup si distingue per la sua continua innovazione e per l’impegno nella ricerca di tecnologie per la dealcolazione dei vini, un tema sempre più attuale in un mercato che si orienta verso prodotti a basso contenuto alcolico e calorie.
la visione di albano vason sulla dealcolazione
Vason sottolinea un principio fondamentale: “Non è il vino che deve adattarsi all’evoluzione tecnologica, ma i nuovi processi tecnici al vino, per salvaguardarne l’integrità”. Questa visione ha guidato VasonGroup a sviluppare tecniche avanzate come la flottazione, la microfiltrazione tangenziale e la stabilizzazione tartarica mediante elettrodialisi. Dal 2008, l’azienda ha collaborato con la controllata Juclas per esplorare metodi di dealcolazione parziale o totale, in risposta all’aumento dei livelli alcolici delle uve dovuto al cambiamento climatico.
Nel dicembre 2024, il Ministro della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, ha firmato un decreto che apre alla dealcolazione in Italia, ma il settore si trova ancora ad affrontare ostacoli fiscali e normativi. La dealcolazione, che può essere inserita nelle normative che riguardano la distillazione, ha bisogno di una serie di semplificazioni per poter prosperare. Il ministro ha recentemente introdotto un nuovo decreto per razionalizzare le disposizioni sui vini spumanti dealcolati, ricevendo il plauso di Federvini, ma l’efficacia del provvedimento resta da vedere. L’Unione Italiana Vini avverte che il problema principale rimane quello delle accise sulla produzione di alcol.
la domanda di tecnologia per la dealcolazione
In un’intervista a Vinonews24, Vason ha approfondito l’argomento, spiegando che la domanda di tecnologia per la dealcolazione è in crescita anche in Italia. Attualmente, i produttori che si dedicano a questo tipo di lavorazione si trovano ad operare con le autorizzazioni esistenti e spesso sono costretti a importare vino dealcolato dall’estero per soddisfare il mercato. “All’estero sono molto più avanti e operano con più decisione”, afferma Vason, segnalando che le aziende italiane devono investire di più per rimanere competitive.
Un altro aspetto cruciale della dealcolazione è il mantenimento degli aromi e dei profumi. Vason spiega che la produzione di vino dealcolato è molto più complessa rispetto a quella del vino tradizionale. L’alcol, infatti, non solo funge da conservante, ma stabilizza e veicola anche gli aromi, conferendo corpo e calore al prodotto. Gli enologi devono quindi mettere in campo tutte le loro competenze per stabilizzare i vini dealcolati e renderli attraenti per i consumatori.
la qualità e la sostenibilità del vino dealcolato
Negli ultimi anni, la qualità dei vini dealcolati è migliorata notevolmente, come dimostrato da eventi come il Prowein, dove è possibile assaporare prodotti di alta qualità. Tuttavia, Vason avverte che bere un vino dealcolato non sarà mai come bere un vino tradizionale: “Sono due esperienze diverse”.
La complessità della dealcolazione richiede un approccio tecnico meticoloso. Nonostante l’uso della stessa tecnologia, ogni enologo porterà a risultati differenti a causa delle scelte stilistiche e dei bilanciamenti effettuati. “La stabilità tartarica è più facile da ottenere senza alcol, mentre la parte ossido-riduttiva è più delicata”, spiega Vason.
Un tema affascinante emerso dal colloquio è la potenziale valenza nutraceutica del vino dealcolato. Vason sostiene che questi prodotti, pur comportando costi significativi nella loro produzione, hanno anche un valore salutistico. Durante la fermentazione, il lievito produce sostanze come vitamine, aminoacidi e antiossidanti, che potrebbero conferire ai vini dealcolati proprietà benefiche. “In effetti, i prodotti dealcolati possono essere considerati bevande nutraceutiche”, afferma Vason.
Tuttavia, si pone anche il problema della sostenibilità. La produzione di vino richiede risorse significative, e la dealcolazione comporta ulteriori consumi di energia e acqua. Vason sottolinea che ogni forma di produzione ha i propri costi e che, se c’è un mercato che richiede questi prodotti, è necessario trovare un modo per produrli in modo sostenibile. “Per produrre un litro di vino servono circa 300 litri d’acqua; la dealcolazione, a seconda delle tecnologie, può consumare da 10 a 1,2 litri d’acqua per litro di vino dealcolato”, spiega, suggerendo che l’impatto ambientale della dealcolazione potrebbe essere relativamente basso.
Inoltre, Vason chiarisce che ci sono tecnologie più energivore e altre meno, ma il punto centrale è che il mercato del vino sta cambiando, e le aziende devono adattarsi per rimanere competitive. “Se in Italia si autorizzerà la produzione in modo trasparente e regolamentato, l’industria e i tecnici italiani saranno in grado di lanciare sul mercato proposte interessanti”, conclude.
In un contesto in cui il vino dealcolato sta guadagnando attenzione, il contributo di esperti come Albano Vason è fondamentale per guidare il settore verso pratiche sostenibili e innovative, facendo sì che il vino continui a essere una bevanda apprezzata anche in un futuro a basso contenuto alcolico.