In tempi di sostenibilità si parla spesso di cibi alternativi o biologici. Lo stesso vale anche per i vini, da quello biologico a quello biodinamico. Possono sembrare simili nel gusto e come tipo di prodotto, ma in realtà sono profondamente diversi. Presi insieme offrono una completa panoramica di un tipo preciso di produzione vinicola e tra loro, i due termini, non sono affatto sinonimi.
Tendenzialmente, un vino biodinamico è ritenuto di una qualità superiore rispetto a quello biologico. Soffermandoci sulla qualità, i prodotti utilizzati per la produzione, si potrebbe considerare la cosa come assodata, ma per valutare i due tipi di vino non bastano soltanto queste distinzioni. C’è da fare i conti con la natura, principalmente. In secondo luogo, i processi biologici influiscono irrimediabilmente sulla qualità.
Il vino biologico, secondo il regolamento europeo, è regolato da norme ben precise. Innanzitutto, si utilizzano soltanto le uve coltivate con metodi di agricoltura biologici, quindi senza sostanze chimiche di sintesi e senza Ogm. In secondo luogo, bisogna effettuare la vinificazione usando soltanto prodotti enologici e processi autorizzati da quel regolamento europeo. Evitando cioè l’aggiunta di sostanze chimiche usate abitualmente per correggere il vino.
Il provvedimento più importante riguarda però l’anidride solforosa, cioè la quantità massima di solfiti che possono essere presenti nel vino biologico. Si tratta di cento milligrammi per litro per i vini rossi e di cinquanta milligrammi in più per bianchi e rosé. Vietate invece le seguenti pratiche: concentrazione parziale a freddo, eliminazione dell’anidride solforosa con procedimenti fisici, l’elettrodialisi, la dealcolizzazione parziale e il trattamento con scambiatori di cationi.
A differenza di quello biologico, il vino biodinamico si ottiene da un’agricoltura di tipo biodinamica. Non è ancora riconosciuta a livello legislativo, perciò è regolamentata dall’associazione Demeter. In questo tipo di produzione non c’è spazio per la chimica e l’uso di macchinari: tutto si basa sul rispetto del corso della natura e in particolare delle fasi lunari. Il ritmo della natura è dunque l’elemento essenziale per questa specifica agricoltura.
Si utilizzano anche preparati biodinamici, cioè composti naturali, e in determinate fasi dell’anno. Il risultato che esce da questa coltivazione è una pianta sana in maniera naturale, di alta qualità e in grado di difendersi autonomamente dai parassiti. Anche il vino biodinamico non azzera i solfiti, ma li limita: 70 milligrammi per litro nei vini rossi, 90 in quelli bianchi e 60 in quelli frizzanti.
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