Approfondimento

Truffe sui vini, ecco come evitarle

All’apparenza sono al di sopra di ogni sospetto: nomi inglesi e italiani, indirizzi mail che sembrano veritieri, ma in realtà non è così. Sono i nuovi truffatori del mondo del vino, qualche volta improvvisatori, qualche volta invece strutturati e insistenti il giusto.

Le truffe sui vini, come avvengono?

A molti viticoltori giungono con buona regolarità mail che invitano all’invio di un listino dettagliato con o senza campioni, a cui fanno seguito ordini generosi.

Foto | Unsplash @
Desola Lanre-Ologun – Vinamundi.it

Gli ordini prevedono di norma tempi di pagamento che, di questi tempi, appaiono anche abbastanza ravvicinati alla consegna: infatti molti vignaioli, per poter lavorare, devono soprassedere sul sistematico sfondamento del limite dei 60 giorni imposto dal Governo Italiano, ma raramente sono alla consegna o in anticipo.

Spesso basta la semplice richiesta di un pagamento in parte o di tutto alla spedizione per vedere sparire quel buyer britannico o francese che fino a un momento prima era solerte e gentile.

Pochi anni fa ci fu una realizzazione da madre di tutte le truffe: tra Langa e Roero un sedicente buyer fece incetta di bancali di ottimi vini pagandoli sull’unghia al momento del groupage.

Seguirono poi ordini ingenti, questa volta con pagamento differito che però si rivelarono delle vere e proprie perdite secche sia di prodotto che di nervosismo.

In Italia abbiamo delle situazioni border line che sono già state segnalate da Slow Wine a cui però si sommano gli impedimenti dell’ordine non pagato o del campione lucrato.

Il problema di queste situazioni è che non appena si dichiara pubblicamente che un ordine non è stato pagato, l’acquirente in questione salda prontamente e minaccia anzi querele, dopo che magari si era negato al telefono per mesi.

Lalegge, insomma, non aiuta chi vive del lavoro di vignaiolo tutelandolo adeguatamente, perché, inutile ribadirlo, il garantismo funziona se c’è a sostenerlo un sentimento pubblico per la moralità. In caso contrario, del garantismo approfittano il furbo, il furfante e lo sfacciato.

Cosa può fare il vignaiolo per proteggersi dalle truffe

Che cosa possono fare i vignaioli per proteggersi? La prima cosa è parlare con un collega, perché si rischia di incorrere nel reato di diffamazione se si offende la reputazione di qualcuno parlando o comunicando a più persone.

Foto | Ansa/Carlo Ferraro

Dunque parlare con un collega per chiedergli un consiglio, domandargli se ha mai sentito nominare il buyer in questione o l’enoteca, non può integrare il reato di diffamazione, anche se  l’altro si sfogasse con lui dicendo che il buyer o i locali non pagano.

Dunque, parlare e se lo si vuole fare pubblicamente, parlare di timori e di rischi, non di persone e di reati. Tutto ciò può costruire un lecito strumento di pressione affinché chi deve qualcosa lo compia o lo paghi, inoltre così facendo si può salvare altri ignari colleghi.

La seconda cosa è non dare campioni gratuiti con facilità, c’è un modo sobrio anche per fare questo: la prassi, salvo il caso in cui si conoscano il richiedente e anche la sua serietà, o la sua assenza di interessi commerciali – come nel caso di giornalisti o comunicatori -, può ben essere quella di far pagare i campioni dichiarando espressamente che il loro costo verrà integralmente scontato al primo ordine.

Se le intenzioni sono serie, tutto è a posto, ma se non lo sono, sicuramente desisteranno: infatti se le intenzioni sono serie e poi i vini non sono di gradimento per fare l’ordine, in fondo il vignaiolo non è che non spenda per produrre ciò che viene offerto a titolo di campione, no? Anche in quest’ultimo caso, nessuno ruba niente a nessuno.

Il terzo e ultimo consiglio consiste nel frequentare i gruppi chiusi sui social network, grazie ai quali i vignaioli si scambiano informazioni o pubblicano richieste varie.

È da considerarsi la chiacchierata da bar 2.0, ma funziona bene perché, salvo il caso di un absolute newcomer, ci sarà sempre qualcuno che ha già conosciuto il furbo in questione e che può così mettere in guardia o consigliare di usare la prudenza. Un esempio? Cantine Unite su Facebook!

In generale bisogna dubitare di ogni mail non intestata puntualmente da parte di chi dimostri di non conoscere direttamente i vini dell’azienda a cui si rivolge; che sembra provenire da un indirizzo credibile, ma basta controllare bene per vedere che l’indirizzo non è quello ufficiale dell’azienda; che risulta firmata da chi compare nell’organigramma di un’azienda, ma non con funzioni compatibili con l’acquisto di vini.

Giulia De Sanctis

Laureata in Comunicazione e Valorizzazione del Patrimonio Artistico Contemporaneo, collaboro attivamente con riviste e testate web del settore culturale, enogastronomico, tempo libero e attualità.

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