La produzione di vino è un’arte che richiede una profonda conoscenza della viticoltura e dell’enologia. Queste due discipline, spesso percepite come opposte, si completano a vicenda nel processo di creazione di un vino di qualità. Ogni bottiglia rappresenta un viaggio complesso che comprende ricerca, sperimentazione e un impegno costante verso la sostenibilità ambientale. Purtroppo, molti consumatori non sono a conoscenza di questo processo e tendono a giudicare un vino solo in base all’etichetta. È quindi fondamentale comunicare in modo chiaro e semplice l’affascinante fisiologia della vite e la biochimica dell’enologia.
Il convegno-degustazione “I vini della conoscenza”, organizzato da Vinidea e ONAV (Organizzazione Nazionale Assaggiatori Vino), ha messo in luce la necessità di far comprendere ai consumatori il legame tra tradizione e innovazione nella produzione vinicola. Durante l’evento, Gianni Trioli, presidente di Vinidea, ha spiegato come la filiera del vino si sviluppi dalle università e dai centri di ricerca fino alle aziende vitivinicole. Questo processo è cruciale per i produttori che sono disposti a testare e adottare nuove tecnologie.
Un esempio di come tradizione e innovazione possano coesistere è rappresentato da Mario Pojer, un produttore trentino che ha saputo unire le due dimensioni. Con il suo socio Fiorentino Sandri, ha innovato costantemente, sviluppando vini di alta qualità e nuovi macchinari enologici. Pojer ha avviato la sua avventura vinicola 50 anni fa e ha creato “ZERO infinito”, un vino rifermentato in bottiglia secondo il metodo ancestrale, senza chimica né in vigneto né in cantina.
Un altro esempio significativo è la Freisa, un vitigno che ha raggiunto livelli qualitativi eccellenti grazie a moderne tecniche analitiche. Luca Rolle, docente di Enologia dell’Università di Torino, ha illustrato come la conoscenza delle molecole presenti nella buccia e nei vinaccioli della Freisa abbia migliorato il profilo tannico del vino.
La ricerca non si ferma qui. Anche lo sviluppo di tecnologie per il riutilizzo delle acque reflue delle cantine è cruciale per la sostenibilità. L’Università di Catania e l’azienda Al-Cantàra sono attivamente impegnate in questo campo, riducendo l’impatto ambientale della vitivinicoltura. Grazie a nuove tecnologie, è stato possibile abbattere il consumo di acqua a soli 4 litri per litro di vino nella produzione di rosato da Nerello Mascalese.
Queste storie dimostrano che la ricerca della conoscenza è il filo conduttore per migliorare il vino, dalla vigna al calice. La sinergia tra tradizione e innovazione non solo arricchisce la produzione vinicola, ma offre anche un’opportunità unica per i consumatori di apprezzare pienamente i vini che scelgono di degustare. In un mondo in cui la qualità del vino è sempre più apprezzata, la conoscenza diventa lo strumento essenziale per far emergere il potenziale di ogni bottiglia, celebrando così l’arte del vino in tutte le sue sfaccettature.
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