Il vino novello rappresenta un simbolo di convivialità e tradizione, ma negli ultimi anni ha subito un notevole calo di popolarità. Secondo i dati forniti da Coldiretti, la produzione è scesa drasticamente da circa 17 milioni di bottiglie nel periodo 2008-2009 a meno di 3 milioni oggi. Tuttavia, nonostante questo declino, l’interesse per questo vino peculiare non è del tutto scomparso. Ci sono infatti tentativi di innovazione e ricerca che mirano a migliorare la qualità e la sicurezza del vino novello. In questo contesto, la ricerca condotta dall’Università di Pisa offre nuove prospettive promettenti.
La macerazione carbonica è il metodo tradizionale per la produzione del vino novello, che prevede la fermentazione di grappoli interi in ambienti saturi di anidride carbonica (CO2). Tuttavia, questa tecnica presenta diversi problemi di sicurezza per gli operatori delle cantine e solleva preoccupazioni ambientali legate alla produzione e all’uso del gas. Per affrontare queste problematiche, il team di ricerca dell’Università di Pisa ha esplorato un’alternativa innovativa: la macerazione in atmosfera di azoto. Questo gas inerte e sicuro è già ampiamente utilizzato nel settore vitivinicolo e offre numerosi vantaggi.
Alessandro Bianchi, ricercatore del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa, afferma: “L’azoto offre una soluzione ecologica e sicura, potenzialmente in grado di migliorare la qualità del vino novello.” Questo approccio non solo riduce i rischi per la salute degli operatori, ma aumenta anche la sostenibilità del processo produttivo. Le prove iniziali sono state condotte in laboratorio e successivamente ampliate nella cantina sperimentale del Podere Cipollini, situato a San Piero a Grado, Pisa.
I ricercatori hanno utilizzato grappoli di Gamay Teinturier, un vitigno frequentemente impiegato per la produzione di novello, per testare la macerazione sotto azoto per un periodo di otto giorni. I risultati sono stati sorprendenti:
Questi risultati sono fondamentali per la qualità e la stabilità del vino, poiché i polifenoli sono noti per le loro proprietà antiossidanti e per il loro ruolo nel conferire struttura e complessità ai vini.
Oltre ai benefici qualitativi, l’uso dell’azoto comporta anche vantaggi economici. La possibilità di generare azoto direttamente in loco tramite generatori a membrana riduce i costi associati al trasporto e alla gestione delle bombole di gas, rappresentando un’opzione più sostenibile per le cantine. La ricerca ha coinvolto un’équipe multidisciplinare, composta da membri dell’Università di Pisa e da ricercatori delle Università della Campania Luigi Vanvitelli, degli Studi della Tuscia e di Napoli Federico II, insieme al Crea – Centro di ricerca Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura di Caserta.
La tradizione del vino novello, che affonda le radici nella vendemmia autunnale, potrebbe dunque trovare nuova vita grazie a queste innovazioni. Mentre la produzione continua a diminuire, l’adozione di metodi più sicuri e sostenibili potrebbe attirare l’attenzione di un pubblico più giovane e consapevole, desideroso di apprezzare un prodotto legato alla tradizione, ma realizzato con un occhio attento alla salute e all’ambiente.
In un mondo sempre più orientato verso la sostenibilità, la ricerca dell’Università di Pisa rappresenta un passo importante verso un’industria vinicola che produce vini di alta qualità in modo sicuro e rispettoso dell’ambiente. La speranza è che simili iniziative possano riportare il vino novello alla ribalta, trasformandolo da una tradizione in declino a una nuova opportunità nel panorama enologico italiano.
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