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Riscoprire i vitigni dimenticati: un viaggio tra storia, sostenibilità e mercato

L’Italia, da sempre considerata una delle culle della viticoltura mondiale, vanta una tradizione che si perde nei secoli e un patrimonio di biodiversità vitivinicola ineguagliabile. Tuttavia, molte varietà di uva sono state dimenticate o abbandonate nel corso del tempo, a causa di fattori come crisi economiche, malattie delle piante e l’evoluzione delle preferenze dei consumatori. Oggi, cresce l’interesse verso il recupero di questi “vitigni dimenticati”, una missione che non solo mira a preservare un patrimonio culturale, ma anche a rispondere alle sfide della sostenibilità e del mercato moderno.

L’importanza del recupero dei vitigni storici

Il recupero di vitigni storici è diventato un tema centrale tra i vignaioli biodinamici, in particolare all’interno dell’associazione Demeter, che rappresenta il marchio mondiale di riferimento per i prodotti biodinamici. Questo approccio non è solo un metodo di coltivazione, ma una vera e propria filosofia di vita che mira a rispettare e valorizzare l’ambiente naturale. L’adozione di pratiche biodinamiche da parte di molti produttori di vino è anche una risposta diretta ai cambiamenti climatici, un fenomeno che costringe il settore vitivinicolo a ripensare le proprie strategie di coltivazione e produzione.

Durante un recente incontro alla Slow Wine Fair 2025 di Bologna, esperti e produttori si sono riuniti per discutere dell’importanza di queste varietà storiche. Giovanni Buccheri, direttore di Demeter Italia, ha enfatizzato come il terroir non sia solo una questione di suolo, ma di persone e storie. Secondo Buccheri, conservare le varietà autoctone è fondamentale per mantenere viva la nostra storia, il paesaggio e la cultura vitivinicola.

Vignaioli e varietà autoctone

Francesco Bordini, agronomo e vignaiolo biodinamico, ha descritto le vigne antiche come vere e proprie “arche di Noè” per la conservazione del germoplasma locale. La crisi della fillossera, che colpì le vigne europee nel XIX secolo, portò alla perdita di molte varietà storiche. Oggi, il recupero di queste varietà non è solo un atto di nostalgia, ma una strategia per creare vini più resilienti e complessi. Bordini ha sottolineato come i vitigni autoctoni, una volta trascurati per la loro scarsa resa alcolica, stiano tornando in auge, permettendo di produrre vini con un contenuto alcolico inferiore e senza l’uso di interventi artificiali.

Un’altra voce significativa è quella di Danila Mongardi, vignaiola dell’azienda agricola “Al di là del Fiume” di Marzabotto, che ha messo in luce l’importanza storica delle varietà autoctone dell’area bolognese. Nel XIX secolo, questa regione ospitava oltre 80 varietà di uva, molte delle quali sono andate perdute a causa della fillossera. Ripristinare queste varietà significa non solo riscoprire radici contadine, ma anche riannodare un legame profondo con il territorio. Mongardi ha citato varietà come l’Albana e la Barbera, che erano il cuore della viticoltura locale, insieme a ecotipi minori come Montuni e Aglionza, che contribuivano a creare vini con profili aromatici unici.

Sostenibilità e opportunità di mercato

Il recupero dei vitigni dimenticati non è solo una questione di tradizione, ma anche di sostenibilità economica. Paride Benedetti, agronomo e vignaiolo della Tenuta Santa Lucia di Mercato Saraceno, ha osservato come un vitigno autoctono, privo di concorrenza, possa rappresentare un’opportunità unica per il mercato del vino. Presentare all’estero un prodotto con una forte identità territoriale consente di valorizzare le peculiarità locali e di differenziarsi in un mercato sempre più globale e competitivo.

La biodinamica, pur essendo un tema che può generare dibattiti, sta guadagnando sempre più consensi tra agricoltori e produttori di vino. La crescente attenzione verso la sostenibilità e l’ambiente ha riacceso l’interesse per i vitigni autoctoni. Queste varietà non solo raccontano storie di un passato ricco e variegato, ma offrono anche una risposta ai problemi moderni legati al cambiamento climatico e alla necessità di pratiche agricole più sostenibili.

In conclusione, il recupero dei vitigni dimenticati è un progetto che abbraccia il passato, il presente e il futuro del nostro patrimonio vitivinicolo. Riscoprire e valorizzare queste varietà significa non solo salvaguardare un’importante eredità culturale, ma anche garantire la sostenibilità e la competitività del mercato vinicolo italiano nel panorama globale. Con i vignaioli biodinamici in prima linea, l’Italia si prepara a dare nuova vita a un tesoro spesso trascurato, dimostrando che il vino è molto più di una semplice bevanda: è un simbolo di storia, cultura e identità.

Redazione Vinamundi

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