Storie

La storia delle botti in legno per l’invecchiamento del vino

Ai giorni nostri la conservazione e maturazione del vino in botti di legno è una pratica molto diffusa, che favorisce lo sviluppo di qualità organolettiche nell’uva, conferendo al vino un gusto particolare. Ma nella storia ci sono stati diversi metodi di vinificazione, nel corso dei millenni mutati e tramandati, dai Babilonesi fino ai Romani, arrivando ai Galli, proviamo a ripercorrerne la storia.

Immagine | Pixabay @ Hans Rohmann

Prima dell’utilizzo del legno come materiale per la conservazione del vino, le prime modalità di invecchiamento furono diverse, ma secondo gli studiosi, grazie ai ritrovamenti effettuati, la prima in assoluta fu quella della terracotta, ovvero argilla cotto al forno, a fungere da materiale di conserva del vino. A conferma di questa tesi i ritrovamenti di anfore di terracotta risalenti al 5.000 a.C., dove, nello specifico in Georgia, recentemente sono state ritrovate anche otto giare, con una capacità di 300 litri, che sul fondo delle pareti conservavano tracce di vino. Ancora oggi, a Tbilisi e dintorni, viene utilizzato questo millenario metodo per la vinificazione, interrando contenitori di terracotta per la produzione vinicola, metodo che garantisce condizioni di isolamento e temperatura costante utile al processo produttivo. L’utilizzo di questa pratica fu noto anche agli egizi e ai greci, arrivando ovviamente a Roma, dove prese il nome di amphora vinaria.

Dalla terracotta al legno

Il problema che tuttavia ritornava sovente in questa metodologia era la fragilità della terracotta, con annessi disagi in termini di trasporto e conservazione. Per questo i romani tentarono la strada del bronzo, sicuramente più resistente, ma molto meno facile da reperire dell’argilla e decisamente più costoso. Secondo alcune cronache risalenti all’epoca babilonese invece, gli abitanti della Mesopotamia utilizzavano già il legno come strumento di conservazione del vino, ricavando delle botti da un tronco di palma scavati. Esperimenti primordiali che tuttavia non ebbero grande consapevolezza né tantomeno diffusione.

Immagine | Pixabay @ Yiftah Yeshaayahu

L’avvento dei Galli fino ai monaci

La soluzione e la metodologia che fino ai nostri giorni è arrivata, la si deve al popolo dei Galli che furono i primi a ipotizzare l’utilizzo del legno, reperibile in ampie quantità nelle regioni nel quale vivevano, per conservare il vino, preferendo nello specifico il legno di quercia, il più facile da trovare vicino ai loro insediamenti. La conquista della Gallia da parte di Roma, fece sì che anche nell’impero si iniziasse ad utilizzare questa tecnica, che si sviluppò e migliorò nel corso della storia. Arrivando poi fino al Medioevo, non ci si può esimere dal citare i monaci, in particolare Cistercensi e Benedettini, che furono i primi ad istituire la figura del mastro bottaio, un artigiano adibito alla costruzione delle botti di legno dove andava conservato il vino.

Andrea Zoccolan

Nato a Milano nel 1990, mi sono occupato per circa dieci anni di giornalismo e comunicazione in ambito sportivo, per poi passare alla cronaca. Innamorato delle inquadrature di Yorgos Lanthimos, dei libri di Emmanuel Carrère e delle geometrie di Thiago Motta, la mia vera debolezza resta la cucina cinese

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