Il vino

La produzione dei vini dealcolati è a rischio? Quel che bisogna sapere

Un tema fortemente dibattutto negli ultimi anni, scopriamo perché la produzione di vino dealcolato potrebbe subire un importante stop

Il recente decreto Accise proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze ha acceso il dibattito nel mondo del vino italiano. Il provvedimento prevede l’introduzione della produzione di “vini dealcolati” nel Paese, una categoria di bevande che, con un contenuto di alcol inferiore allo 0,5% vol, si distacca dal tradizionale concetto di vino in Italia. Una proposta che ha sollevato perplessità e critiche da parte di alcuni rappresentanti del settore, che temono le conseguenze di un provvedimento che, secondo loro, rischia di ostacolare lo sviluppo di una filiera promettente.

Che cos’è il vino dealcolato

Ma cos’è esattamente il vino dealcolato? Elena Dogliotti, biologa nutrizionista e supervisore scientifico per la Fondazione Umberto Veronesi, spiega che “il vino dealcolato si ottiene a partire da un vino reale”, attraverso processi come la distillazione sottovuoto o l’osmosi inversa. Si tratta quindi di un vino autentico, dal quale viene estratto l’alcol. Questo lo distingue da altre bevande che, pur cercando di imitare i sapori del vino, sono prodotte con materie prime diverse e senza seguire lo stesso processo di fermentazione.

Il vino dealcolato rappresenta una realtà già consolidata in alcuni Paesi europei, tra cui Spagna, Francia e Germania, dove il mercato ha mostrato un certo interesse verso questa tipologia di prodotto. Tuttavia, il gusto del vino dealcolato non è sempre perfettamente paragonabile a quello del vino tradizionale. Come spiega la Fondazione Veronesi, il sapore “può essere più o meno simile a quello del vino normale”, ma varia a seconda del processo produttivo e della percezione soggettiva dei consumatori. La biologa avverte inoltre del rischio che, per compensare il deficit sensoriale, alcuni produttori possano aggiungere additivi come zuccheri o aromi artificiali, che potrebbero risultare dannosi per la salute. Per questo, consiglia ai consumatori di leggere attentamente l’etichetta dei prodotti.

In cosa consiste il decreto

Il decreto, che si trova ancora in fase di bozza, è stato progettato per regolamentare la produzione dei vini dealcolati in Italia. Secondo quanto stabilito dall’articolo 33-ter, solo i produttori di vino che operano in regime di deposito fiscale potranno ridurre il titolo alcolometrico dei propri vini. L’alcol etilico ottenuto durante il processo, inoltre, sarà sottoposto ad accisa e custodito in recipienti sigillati dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli. La norma prevede anche che le operazioni di dealcolizzazione possano avvenire solo previa autorizzazione dell’Agenzia stessa.

Le critiche

Il segretario generale di Unione Italiana Vini (UIV), Paolo Castelletti, si è espresso fortemente contro questo decreto. Secondo Castelletti, il provvedimento “farà finire sul nascere la filiera italiana dei vini dealcolati”, in quanto impone “limiti produttivi e un carico burocratico alle cantine tali da scoraggiare ogni investimento in questo innovativo business”. La sua preoccupazione principale riguarda il fatto che il decreto possa bloccare lo sviluppo della produzione di vini dealcolati in Italia, spingendo le cantine a rivolgersi a paesi esteri come Germania, Spagna e Francia, dove la produzione di vini dealcolati è già ben avviata.

Vino rosso | pixabay @Sponchia – Vinamundi.it

Tornando alle polemiche sul decreto, Castelletti non si limita a criticare gli aspetti burocratici, ma mette anche in guardia sui potenziali costi per i produttori italiani. Il segretario di UIV sostiene che “nessun imprenditore investirà un milione di euro per produrre al massimo 50 ettolitri di alcol anidro, ovvero 500 hl di vino”. Si tratterebbe, secondo Castelletti, di un “limite scoraggiante” che potrebbe impedire alla filiera italiana dei vini dealcolati di competere efficacemente sul mercato internazionale. Inoltre, aggiunge che il provvedimento potrebbe rendere insostenibile l’intera operazione, costringendo le cantine a trasportare mosto in altri Paesi per completare la dealcolizzazione e poi riportare l’alcol in Italia, con un conseguente aumento dei costi e una perdita di competitività economica e ambientale.

“Il Mef non otterrebbe alcun ricavo”, dichiara Castelletti, aggiungendo che il settore sarebbe stato meglio regolamentato da un decreto del Ministero dell’Agricoltura, già in dirittura d’arrivo, che escludeva i vini dealcolati dalle accise e non rendeva oneroso lo smaltimento della soluzione idroalcolica. Questo decreto, frutto di un dialogo tra governo e filiera enologica, era stato pensato per essere applicato solo ai vini generici e varietali, escludendo quelli Dop e Igt. La speranza, secondo Castelletti, è ora che il Ministero dell’Agricoltura, guidato da Francesco Lollobrigida, possa trovare una soluzione condivisa con il Ministero dell’Economia per sbloccare la situazione. Durante il prossimo incontro a Vinitaly Usa a Chicago, il presidente di Unione Italiana Vini, Frescobaldi, presenterà la questione al ministro, cercando di ottenere una modifica del provvedimento.

Andrea Zoccolan

Nato a Milano nel 1990, mi sono occupato per circa dieci anni di giornalismo e comunicazione in ambito sportivo, per poi passare alla cronaca. Innamorato delle inquadrature di Yorgos Lanthimos, dei libri di Emmanuel Carrère e delle geometrie di Thiago Motta, la mia vera debolezza resta la cucina cinese

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