Negli ultimi anni, il nostro approccio alla degustazione del vino ha subito un cambiamento significativo. Le cantine, tradizionalmente considerate luoghi di produzione, si stanno trasformando in spazi creativi dove il vino viene celebrato non solo come prodotto, ma come una vera e propria forma d’arte. Questo concetto è stato esplorato dal filosofo Nicola Perullo, Rettore dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, che invita a ripensare il vino come un’esperienza relazionale, coinvolgendo attivamente il degustatore.
Perullo sottolinea che il termine “arte” deve essere inteso sia nella produzione che nella fruizione del vino. Non si tratta solo di riconoscere profumi e sapori, ma di partecipare a un processo creativo. L’arte, in questo senso, non produce oggetti statici, ma opere in continuo divenire, dove il fruitore diventa co-creatore. Questa idea di “entanglement”, che evidenzia l’interconnessione tra produttore e consumatore, promuove una fruizione più attiva e consapevole.
Il vino è storicamente simbolo di convivialità, capace di unire le persone e arricchire le relazioni umane. Tuttavia, oggi affronta sfide significative, come il calo dei consumi e una narrativa critica che lo mette in discussione. Alessio Planeta, noto produttore siciliano, evidenzia l’importanza di ripensare il vino come un’esperienza condivisa, piuttosto che un semplice prodotto da consumare. È fondamentale riconoscere il vino come un elemento culturale, capace di arricchire la nostra vita e le nostre interazioni sociali.
Perullo ha dedicato gran parte della sua carriera a esplorare il legame tra vino e creatività. Il suo saggio “Epistenologia. Il vino e la creatività del tatto” rappresenta un tentativo di fondere l’enologia con una nuova epistemologia. Questo approccio si concentra sulla partecipazione attiva del degustatore, incoraggiato a esplorare il vino non solo attraverso l’analisi delle sue caratteristiche, ma anche attraverso la narrazione e la creatività.
Un aspetto affascinante di questa nuova visione è il parallelismo con i cambiamenti nella scienza, in particolare il passaggio dalla fisica newtoniana a quella quantistica. Perullo suggerisce che anche il mondo del vino deve abbandonare un approccio analitico e statico, abbracciando relazioni dinamiche e interattive. Questo implica un cambiamento nel modo in cui gustiamo e apprezziamo il vino:
Il grande filosofo Gaston Bachelard ha descritto il vino come una bevanda magica, capace di collegare il sottosuolo e il mondo vegetale con l’aria e la luce. Questo processo di trasformazione conferisce al vino una dimensione unica, rendendolo un mezzo di comunicazione profondo e significativo.
Perullo propone l’idea di un “Manifesto del Vino Contemporaneo”, che evidenzi il potere del vino come esperienza culturale, separandolo dall’idea di semplice bevanda alcolica. Questa visione è particolarmente provocatoria, considerando come il vino sia stato storicamente visto, soprattutto dai giovani, come mezzo per alcolizzarsi. Oggi, i giovani sono sempre più interessati a esperienze significative, piuttosto che al consumo di alcol per il suo stesso valore.
Il futuro del vino, secondo Perullo, non è già scritto. È una narrazione in continuo sviluppo che coinvolge produttori e consumatori. In un’epoca in cui le scelte alimentari e le abitudini di consumo sono sempre più influenzate da criteri medici e normativi, è essenziale riscoprire il vino come un elemento di bellezza e creatività. La sfida è quella di promuovere un consumo consapevole e responsabile, che valorizzi le esperienze, le storie e le relazioni che il vino può generare.
La degustazione del vino diventa quindi un atto di partecipazione e co-creazione, un momento di condivisione e dialogo. La vera essenza del vino risiede nella sua capacità di unire le persone, arricchire le relazioni e offrire esperienze culturali uniche. In questo contesto, il nostro coinvolgimento attivo nella degustazione diventa fondamentale, trasformando ogni sorso in un’opera d’arte vivente, ricca di significato e connessioni.
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