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Il paradosso dell’Elba: il turismo consuma il vino, ma il futuro è altrove

Il vino dell’Isola d’Elba si trova attualmente intrappolato in una sorta di “gabbia dorata”. Negli ultimi anni, la qualità dei vini elbani ha visto un notevole miglioramento, ma il loro consumo è quasi esclusivamente legato al turismo, rendendo incerto il futuro di questa produzione. I produttori locali stanno cercando di affrontare questo paradosso collaborando con albergatori e ristoratori per far conoscere le etichette elbane anche oltre i confini dell’isola. Massimo De Ferrari, presidente del Consorzio Servizi Albergatori Isola d’Elba, sottolinea l’importanza di valorizzare la cultura enogastronomica locale, che include non solo il vino, ma anche la cucina e i prodotti agricoli di alta qualità, rendendo così l’Elba una meta turistica completa.

La storia della vitivinicoltura elbana

La storia della vitivinicoltura elbana è affascinante e complessa. Intorno al 1880, l’isola era un fiorente centro vinicolo con circa 5.000 ettari di vigneti e una produzione di 150.000 ettolitri di vino. Tuttavia, la fillossera, un parassita che distrusse gran parte delle viti, portò a un drastico declino. Negli Anni Cinquanta, la superficie vitata era scesa a poco più di 3.000 ettari, e la vitivinicoltura rimase l’attività economica principale fino alla metà del secolo scorso. Oggi, dopo vari alti e bassi, l’Elba vanta circa 350 ettari di vigneti, con una produzione annuale di circa 500.000 bottiglie, tra cui l’Elba Docg (Aleatico Passito), l’Elba Doc e diverse Igt Toscana.

Sfide e opportunità per il vino dell’Elba

Il vino dell’Elba deve affrontare sfide significative per espandere la propria presenza sul mercato nazionale e internazionale. La maggior parte della produzione è venduta direttamente ai turisti attraverso l’horeca, mentre una parte minore è destinata alla grande distribuzione. Tuttavia, i vini elbani rischiano di essere dimenticati al di fuori dell’isola, poiché la loro promozione è stata trascurata a causa della pandemia e della concentrazione del consumo sull’isola stessa. La mancanza di attività promozionali da parte del Consorzio ha contribuito a questo isolamento.

Lorenzo Signorini, dell’azienda Cecilia, evidenzia come gli albergatori e i ristoratori stiano contribuendo a far conoscere i vini locali, ma afferma che è fondamentale tornare a investire nella promozione al di fuori dell’Elba. La richiesta di vino di qualità è alta, e il potenziale per il mercato esiste, ma gli imprenditori devono essere disposti a esplorare opportunità oltre i confini dell’isola.

L’importanza dell’enoturismo e della collaborazione

Le aziende vinicole, come quella di Pietro Roveda dell’Acquabona, stanno cercando di sviluppare l’enoturismo, offrendo esperienze come passeggiate tra i vigneti e degustazioni. Tuttavia, la crescita della viticoltura sull’isola è ostacolata da numerosi fattori, tra cui:

  1. Difficoltà nel recupero di terreni storicamente utilizzati per la viticoltura.
  2. Innalzamento dei costi di gestione.
  3. Presenza di cinghiali e abbandono di terreni agricoli.

In un contesto in cui molti produttori sono d’accordo sulla necessità di aumentare la produzione, la questione è delicata. Le aziende devono trovare un equilibrio tra la produzione destinata al mercato locale e quella per l’esportazione. Aldo Appiani, della cantina Le Sughere di Monte Fico, esprime preoccupazione per il futuro della viticoltura locale, notando come il ricambio generazionale sia scarso e le nuove generazioni siano poco interessate a intraprendere un’attività agricola.

La sfida è duplice: attrarre nuovi talenti e aumentare la visibilità dei vini elbani al di fuori dell’isola. Sergio Lauriola della Faccenda sottolinea che il potenziale dell’Elba come brand è enorme, ma che servono numeri più consistenti per competere nel mercato. Le aziende più grandi hanno maggiore forza per esportare, mentre quelle più piccole dipendono in gran parte dal turismo e hanno meno incentivi a uscire dai confini.

Dall’altra parte, ci sono produttori come Carlo Ederle della Fattoria delle Ripalte, che hanno già avviato la loro espansione oltre i confini dell’isola, sviluppando una strategia di marketing che punta a valorizzare il vino come parte integrante dell’esperienza turistica. La loro esperienza dimostra che l’export è essenziale non solo per la sostenibilità economica delle aziende, ma anche per stimolare la competitività e migliorare la qualità dei vini.

Antonio Arrighi, con il suo innovativo progetto Nesos, ha guadagnato attenzione internazionale. Utilizzando tecniche di vinificazione uniche, ha portato alla ribalta il vino dell’Elba, dimostrando come la creatività e l’innovazione possano fungere da leva per la promozione del territorio. Tuttavia, la mancanza di un’azione coordinata tra i produttori resta un ostacolo significativo.

In questo contesto, la collaborazione tra produttori, albergatori e ristoratori è più cruciale che mai. La creazione di un consorzio attivo e coeso potrebbe rappresentare un passo importante per garantire che il vino dell’Elba non solo continui a essere apprezzato dai turisti che visitano l’isola, ma possa anche conquistare una posizione di rilievo nei mercati esterni. La sinergia tra le diverse realtà locali potrebbe trasformare il paradosso dell’Elba in un’opportunità, permettendo ai vini elbani di emergere e conquistare una clientela più ampia e diversificata.

Redazione Vinamundi

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