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Il cervello adulto può rigenerarsi: la scoperta di un serbatoio di nuovi neuroni

Fino a poco tempo fa, la scienza del cervello umano era afflitta da una convinzione diffusa: una volta raggiunta l’età adulta, il cervello smette di produrre nuovi neuroni. Tuttavia, recenti studi condotti da un team di ricerca del prestigioso Karolinska Institutet, guidato dal neuroscienziato Jonas Frisén, hanno dimostrato che questa affermazione è errata. Grazie a innovativi approcci di sequenziamento dell’RNA e all’uso di algoritmi di intelligenza artificiale, i ricercatori hanno scoperto che nel cervello adulto esistono cellule progenitrici e neuroni immaturi fino all’età di 78 anni. Questo lavoro, pubblicato sulla rivista scientifica Science, offre nuove prospettive non solo sulla neurogenesi, ma anche sulla comprensione della memoria, dell’umore e delle terapie per le malattie neurodegenerative e psichiatriche.

La neurogenesi, cioè la formazione di nuovi neuroni, avviene principalmente nel giro dentato dell’ippocampo, una regione del cervello cruciale per l’apprendimento e la memoria. Qui, le informazioni raccolte dalla corteccia cerebrale vengono elaborate e trasformate in tracce mnemoniche, contribuendo così al nostro repertorio di esperienze e conoscenze.

Demolire un dogma decennale

La convinzione che il cervello adulto non potesse generare nuovi neuroni risale a decenni fa. Dalla metà del XX secolo, numerosi studi su modelli animali hanno evidenziato che, anche negli adulti, l’ippocampo continua a produrre nuovi neuroni e che questi si integrano nei circuiti neurali già esistenti. Tuttavia, la dimostrazione di questo fenomeno negli esseri umani si è rivelata molto più complessa.

Le discrepanze tra i diversi studi sull’uomo derivano da variabili tecniche, come il tempo intercorso tra la morte e la conservazione del tessuto cerebrale, i marcatori molecolari utilizzati e le tecniche di estrazione dell’RNA. Queste differenze possono portare a risultati contraddittori, ostacolando la comprensione della neurogenesi nell’adulto. Marta Paterlini, co-autrice dello studio, spiega che il team ha utilizzato la trascrittomica, analizzando tutti gli RNA prodotti dalle cellule per identificare quali geni sono attivi, unitamente a algoritmi di intelligenza artificiale per confermare la presenza di cellule progenitrici e neuroni immaturi dall’infanzia fino alla vecchiaia.

La ricerca e i suoi risultati

Il team di Frisén ha analizzato quasi mezzo milione di nuclei di cellule prelevate dall’ippocampo umano. Partendo dai campioni di bambini di età compresa tra 0 e 5 anni, hanno potuto identificare i marcatori dei progenitori neurali e dei neuroni immaturi. Sfruttando un algoritmo di machine learning addestrato su questi dati, sono stati in grado di riconoscere le stesse firme molecolari anche nei nuclei di adulti di età compresa tra 13 e 78 anni. I risultati hanno dimostrato che il cervello adulto conserva un serbatoio di cellule progenitrici, capaci di generare nuovi neuroni, sebbene con una certa variabilità individuale.

Inoltre, i ricercatori hanno impiegato una tecnologia innovativa chiamata Xenium, che consente di marcare e visualizzare fino a 300 indicatori diversi all’interno di ciascuna cellula. Grazie a questa tecnologia, il team ha potuto localizzare con precisione i progenitori neuronali nell’ippocampo, dimostrando che non esprimevano i tratti distintivi di altri tipi cellulari, come le microglia o gli astrociti. Questa evidenza conferma inequivocabilmente che si tratta di veri precursori destinati a diventare neuroni, aprendo la strada a una nuova comprensione della plasticità cerebrale.

Le prospettive rivoluzionarie della neurogenesi

Il prossimo passo nella ricerca è comprendere le dinamiche della neurogenesi nell’essere umano. La possibilità che il cervello adulto possa generare nuovi neuroni offre una speranza significativa per la riparazione cerebrale. In caso di traumi o malattie che danneggiano i circuiti neurali, la capacità di generare nuovi neuroni potrebbe rappresentare una forma di rigenerazione naturale, permettendo di sostituire le cellule perdute o ripristinare le vie neurali interrotte.

Studi condotti su modelli animali hanno dimostrato che fattori legati allo stile di vita, come l’esercizio fisico, ambienti arricchiti e l’uso di alcuni farmaci, come gli antidepressivi, possono aumentare la produzione di nuove cellule. Ciò suggerisce che potremmo essere in grado di sfruttare questi processi per migliorare la resilienza nei confronti del declino cognitivo legato all’età o dei disturbi dell’umore.

Sebbene le strategie terapeutiche specifiche per gli esseri umani siano ancora in fase di ricerca, la scoperta che il nostro cervello adulto può generare nuovi neuroni cambia radicalmente il modo in cui percepiamo l’apprendimento lungo l’intero arco della vita e il potenziale della plasticità neuronale. Questo progresso scientifico non solo rivoluziona le nostre conoscenze in neurologia, ma offre anche nuove speranze per affrontare le sfide legate alla salute mentale e cerebrale.

Redazione Vinamundi

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