Il vino ha da sempre rappresentato un simbolo di connessione tra culture diverse, un elemento capace di attraversare i confini del tempo e dello spazio. Questo concetto è stato al centro del convegno “Divino Spirito: itinerari storici, religiosi e antropologici”, organizzato da Iter Vitis – Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa, in collaborazione con l’Università di Roma Tor Vergata. L’evento, svoltosi presso Palazzo Valentini a Roma, ha riunito studiosi, docenti e rappresentanti religiosi per un approfondito esame della dimensione simbolica del vino nelle varie civiltà e religioni.
Il vino è molto più di una semplice bevanda; è un filo rosso che attraversa i secoli, intriso di spiritualità, memoria e relazioni. Sin dal Neolitico, il vino ha assunto molteplici valenze simboliche, diventando un veicolo di comunicazione tra l’umano e il divino. Nell’antico Egitto, la vite e il vino erano considerati strumenti di pacificazione e rinascita, mentre nelle tradizioni monoteiste, come il Cristianesimo, il vino è associato ai doni divini e alla gioia della comunione.
Monsignor Vittorio Gepponi, della Diocesi di Arezzo e docente alla Pontificia Università Antonianum, ha evidenziato come il Cristianesimo abbia rivalutato il vino, superando le accezioni negative che lo accompagnavano in epoche antiche. “Il vino e il pane sono stati scelti da Gesù perché potessero diventare il suo corpo e il suo sangue, quindi la sua presenza”, ha affermato Gepponi, sottolineando l’importanza di queste sostanze come simboli di vita e speranza. In questo contesto, il vino non è visto solo come un elemento di consumo, ma come una manifestazione di un legame profondo tra l’umanità e il divino.
Ernesto Di Renzo, docente di Antropologia dei Patrimoni culturali, ha offerto una riflessione interessante sul significato del vino, definendolo “l’unico alimento che non risponde al bisogno, ma al desiderio”. Questa osservazione mette in luce come il vino sia un veicolo privilegiato di costruzione simbolica, un elemento che racchiude in sé sia il sacro che il profano. Nel suo intervento, Di Renzo ha suggerito che il vino riesce a unire il gesto quotidiano con il rito millenario, creando un ponte tra diverse esperienze culturali e spirituali.
Il convegno ha anche esplorato il ruolo storico e teologico del vino attraverso diverse tradizioni. Davide Rosso, direttore della Fondazione Centro Culturale Valdese, ha parlato del calice come simbolo di fede e disobbedienza durante la Riforma e la Controriforma. Per i calvinisti, il calice non era solo un oggetto liturgico, ma un segno di accesso diretto a Dio, spesso soggetto a persecuzione. Questa visione del vino come strumento di testimonianza e esilio evidenzia la sua importanza non solo nella sfera spirituale, ma anche in quella sociale e politica.
Il vino ha trovato il suo posto anche nella tradizione ebraica, con la coppa del Kiddush che rappresenta un momento di sacralizzazione del tempo e della tavola. David Palterer, architetto e vicepresidente dell’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze, ha sottolineato come questo oggetto non sia solo un simbolo, ma un elemento integrante della ritualità e della comunità.
Non sono mancati i contributi di rappresentanti delle tradizioni ortodosse, come Sua Beatitudine Filippo Ortenzi e Padre Aron Horciu. Hanno introdotto i significati mistici e iconografici del vino nella liturgia bizantina, evidenziando come il calice rappresenti un momento di comunione all’interno della celebrazione ortodossa.
Sabrina Alfonsi, Assessora all’Agricoltura, Ambiente e Ciclo dei Rifiuti del Comune di Roma, ha evidenziato l’importanza del vino come “memoria liquida, tradizione rituale e linguaggio universale”. Secondo Alfonsi, eventi come quello di Iter Vitis aiutano a riconoscere il vino non solo come prodotto agricolo, ma come elemento capace di educare e trasmettere valori fondamentali per la società.
In questo contesto, si inserisce il progetto Roma Mater Vinorum, promosso dall’Amministrazione per riscoprire e valorizzare l’identità agricola e vitivinicola della Capitale. Attraverso interventi urbani, come il vigneto di San Sisto, si mira a creare un simbolo concreto di rigenerazione culturale e paesaggistica, confermando il vino come un elemento di dialogo e connessione tra passato e futuro.
“Il vino è l’unico elemento che attraversa tempo, spazio e religioni”, ha concluso Emanuela Panke, presidente di Iter Vitis. La sua affermazione sottolinea la complessità del vino come codice culturale trasversale, capace di raccontare storie di civiltà e percorsi di fede, ma anche di ispirare nuovi modelli di cooperazione e diplomazia culturale. In un’epoca in cui il dialogo interculturale è più importante che mai, il vino continua a rimanere un ponte tra le diverse fedi e tradizioni, un simbolo di unità in un mondo frammentato.
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