L’export dei distretti agroalimentari italiani sta vivendo un momento di grande vitalità, con risultati promettenti per il 2024. Questo slancio è particolarmente evidente nel settore vitivinicolo, che ha registrato una crescita del 4%, e nel comparto oleario, che ha visto un incremento record del 40,9%. Secondo il Monitor dei distretti agroalimentari di Intesa Sanpaolo, le esportazioni totali hanno raggiunto la cifra notevole di 28 miliardi di euro, con un aumento del 7,1% rispetto all’anno precedente. Questo dato sottolinea l’importanza strategica del settore agroalimentare, che rappresenta il 42,5% del valore totale delle esportazioni italiane.
Il comparto vinicolo ha superato i 6,7 miliardi di euro di fatturato, nonostante un leggero calo nel distretto dei vini di Langhe, Roero e Monferrato, che ha visto un decremento dell’1,7%. Al contrario, il distretto del Veronese ha brillato con un incremento del 9,2%, favorito da un forte interesse da parte di mercati come Germania e Stati Uniti. Quest’ultimo si conferma come il principale mercato di destinazione per i vini italiani, rappresentando il 23% delle esportazioni vinicole totali.
L’olio ha fatto segnare un aumento straordinario del 40,9%. I distretti oleari, in particolare quelli toscani, umbri e del barese, hanno contribuito a questa crescita. Il distretto toscano ha registrato un aumento delle vendite estere del 43,5%. Tale crescita è stata sostenuta dall’aumento dei prezzi alla produzione, che sono aumentati del 7,4% rispetto all’anno precedente. Nonostante il mercato americano rappresenti un obiettivo strategico, le tensioni politiche e commerciali, soprattutto legate all’amministrazione Trump, sollevano interrogativi sul futuro di questi settori.
Nel 2024, l’export di olio verso gli Stati Uniti ha raggiunto i 639 milioni di euro, costituendo il 32,7% dell’export complessivo della filiera. I prodotti italiani, spesso di fascia alta e con certificazioni Dop/IGP, potrebbero risultare meno vulnerabili a variazioni di prezzo rispetto ai concorrenti. Tuttavia, l’introduzione di nuovi dazi nel 2025 potrebbe avere un impatto negativo, in particolare su vino, olio e latticini, già vulnerabili.
L’analisi del mercato mette in evidenza come i distretti agroalimentari italiani stiano diversificando le loro strategie commerciali per mitigare i rischi associati ai dazi. Le economie emergenti, che rappresentano il 20% delle esportazioni, hanno mostrato una crescita del 7,7%, superando quella delle economie avanzate, ferme al 6,9%. Tra queste, spiccano Polonia e Romania, con incrementi rispettivi del 15,3% e del 15,2%. La Cina, con un aumento del 9,7%, ha mostrato segni di crescita significativa, soprattutto nel quarto trimestre, dove ha registrato un +16,9%.
Oltre al vino e all’olio, anche altri settori agroalimentari hanno contribuito positivamente all’andamento dell’export. Ecco un riepilogo dei settori e delle loro performance:
La Germania si conferma come il primo partner commerciale per l’export agroalimentare italiano, con un incremento del 6,9%. Anche la Francia ha mostrato un buon andamento con un +4,8%, mentre il Regno Unito è rimasto stabile, con un incremento marginale dello 0,4%. La vera sorpresa proviene dagli Stati Uniti, dove si è registrato un aumento del 14,9%, non influenzato dalle politiche di approvvigionamento anticipato, ma piuttosto dalla crescente domanda di prodotti di alta qualità.
Con il 2025 alle porte, diventa sempre più urgente per i distretti agroalimentari italiani esplorare nuovi mercati e diversificare le strategie commerciali. La resilienza e l’adattamento alle nuove sfide saranno fondamentali per mantenere e potenziare la posizione dell’Italia nel panorama agroalimentare globale, in un contesto caratterizzato da incertezze politiche e cambiamenti climatici.
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