Nel panorama enologico contemporaneo, il Brettanomyces rappresenta una questione di grande rilevanza e controversia. Questo lievito, noto per la sua capacità di influenzare drasticamente il profilo aromatico del vino, divide l’opinione di enologi, produttori e degustatori. Alcuni lo considerano un difetto da eliminare per preservare la purezza del vino, mentre altri lo vedono come una firma sensoriale in grado di raccontare la storia di un territorio e di un processo produttivo.
Il Brettanomyces, comunemente abbreviato in “Brett”, è un genere di lieviti non convenzionali che comprende varie specie, tra cui la famosa Brettanomyces bruxellensis. Questo lievito può svilupparsi durante le fasi di fermentazione o affinamento del vino, in particolare nei vini rossi e in botti di legno non adeguatamente sanificate. La sua presenza è spesso associata alla formazione di composti aromatici distintivi, come il 4-etilfenolo e il 4-etilguaiacolo, che possono conferire al vino note olfattive che ricordano la stalla, il cuoio, il sudore di cavallo, spezie e affumicatura.
La maggior parte degli enologi e dei laboratori di analisi sensoriale considera il Brettanomyces un difetto. La sua presenza altera il profilo aromatico del vino, sovrastando le note varietali e conferendo un carattere ossidativo indesiderato. Inoltre, le infezioni da Brettanomyces possono evolvere nel tempo, peggiorando con l’affinamento in bottiglia e portando a un deterioramento della qualità del vino.
Tuttavia, esiste un filone di produttori, in particolare nel mondo dei vini naturali e di quelli di stile “ancestrale”, che sostiene che il Brett, se presente in quantità moderate, possa conferire complessità e unicità al vino. Vini provenienti da regioni come Bordeaux, Rodano, Rioja e persino Brunello di Montalcino hanno dimostrato come il Brettanomyces possa diventare un elemento distintivo piuttosto che un difetto, arricchendo il profilo aromatico e rendendolo più interessante per i consumatori.
La prevenzione è la strategia più efficace per gestire il Brettanomyces in cantina. Ecco alcune tecniche che gli enologi possono utilizzare:
Per coloro che decidono di accogliere la presenza del Brett, il controllo si concentra principalmente sulla soglia di tolleranza: è fondamentale non superare i livelli in cui i fenoli volatili dominano il profilo aromatico, preservando così un equilibrio sensoriale. Questa scelta richiede una profonda conoscenza tecnica e una sensibilità particolare, affinché il risultato finale sia un vino che riesca a mantenere la sua identità senza compromettere la qualità.
Il dibattito su Brettanomyces non è mai stato così acceso come oggi. Nonostante alcuni lo considerino il “cattivo” della situazione, è importante riconoscere che, come spesso accade nel mondo del vino, la risposta a questa domanda è complessa e multifattoriale. La chiave sta nell’intenzione del produttore, nella misura in cui il Brett viene utilizzato e nel contesto in cui il vino viene creato.
In alcuni casi, la presenza del Brettanomyces può essere un difetto da evitare a tutti i costi, mentre in altri può rappresentare un’impronta stilistica voluta e consapevole. La sfida per i produttori è quella di trovare un equilibrio tra innovazione e tradizione, rispettando al contempo le aspettative dei consumatori. La conoscenza approfondita delle caratteristiche organolettiche del Brett e la capacità di gestirlo in modo strategico possono trasformare ciò che potrebbe essere visto come un difetto in una caratteristica distintiva, rendendo il vino unico e memorabile.
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