La Bonarda è un vitigno a bacca nera autoctono del Piemonte – precisamente nel Torinese, sulla fascia collinare da Chieri fino al Monferrato e nella provincia di Asti – e spesso viene confuso con la Croatina e con l’Uva rara, perché questi sono anche i sinonimi utilizzati da alcuni per la Bonarda al di fuori della regione.
Le prime citazioni del vitigno risalgono al 1700 in documenti piemontesi e nel 1799 la Bonarda viene descritta come uva del torinese mentre Acerbi, nel 1825 nel suo Delle viti italiane lo registra come uva dell’alessandrino.
A oggi c’è qualche ettaro coltivato anche nel Pinerolese, in Val di Susa e nel Canavese, mentre fuori dal Piemonte la sua diffusione è limitata alla zona di Piacenza e Pavia.
Questo vino è caratterizzato dal colore rosso rubino intenso, dal profumo fruttato dolce e a volte con sentori di pepe nero e al palato risulta secco, amabile o dolce, leggermente tannico ed equilibrato. Alle volte può essere vivace o frizzante. É utile specificare che la Bonarda non è un vino da invecchiamento.
Si tratta di un vino a tutto pasto e i suoi ottimi abbinamenti possono essere le torte salate, gli agnolotti, i ravioli di carne, i salumi, le carni bianche arrosto o in umido e i formaggi mediamente stagionati.
Scopriamo insieme quali sono le migliori etichette della Bonarda.
La Bonarda Moyé della Cascina Gilli si presenta morbida al palato, con ampi profumi tra i quali si distinguono la mora e una delicata nota speziata.
La moderata vivacità del vino lo rende piacevole al palato, ne accentua la freschezza e mantiene l’equilibrio. Servito a temperatura di cantina accompagna alla perfezione carni brasate, stufate o un tradizionale fritto misto alla piemontese.
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