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Amarone e Ripasso: la strategia del Consorzio per un mercato segmentato

Nell’ambito vitivinicolo italiano, pochi nomi evocano la stessa reverenza dell’Amarone della Valpolicella. Questo vino iconico, noto per il suo carattere robusto e il suo inconfondibile bouquet, sta però affrontando una sfida cruciale: la segmentazione del mercato. Il Consorzio Vini della Valpolicella, in occasione del centenario della sua fondazione, ha avviato un’importante riflessione sul futuro delle sue tre principali denominazioni: Amarone, Ripasso e Valpolicella. Il presidente Christian Marchesini ha espresso chiaramente l’obiettivo di mantenere una netta distinzione tra i vari vini, affinché ognuno possa occupare il proprio spazio senza sovrapposizioni dannose.

L’Amarone deve rimanere l’Amarone, un vino di prestigio, mentre il Ripasso deve trovare il suo posto nel segmento intermedio, cercando di attrarre l’attenzione dei Millennials. Il Valpolicella, dal canto suo, ha il compito di conquistare i palati più giovani, facendosi strada in un mercato in continua evoluzione. Secondo Marchesini, «sovrapponendosi sui mercati si rischia di confliggere». Questa concorrenza interna non giova a nessuna delle denominazioni, rendendo pertanto necessario un approccio strategico e mirato.

Ruoli distintivi dei vini

Il responsabile dell’Osservatorio Uiv, Carlo Flamini, ha delineato con chiarezza i ruoli distintivi dei tre vini:

  1. Amarone: il vino icona
  2. Ripasso: l’esploratore
  3. Valpolicella: il vino occasionale

Questa triade, se ben gestita, potrebbe rappresentare un vantaggio competitivo per la Valpolicella, soprattutto considerando che la maggior parte dei mercati attuali per Amarone e Ripasso si sovrappone. Flamini sottolinea l’importanza di «tenere l’Amarone lontano dal Ripasso», evidenziando come l’Amarone debba puntare a conquistare mercati più lontani, come Cina, Giappone e Stati Uniti, piuttosto che rimanere confinato in un mercato europeo in gran parte condiviso.

Valorizzazione dell’Amarone

Un aspetto cruciale per il futuro dell’Amarone è la sua capacità di elevare il proprio status a quello di un vino simbolo, in grado di competere con le grandi denominazioni internazionali. Tuttavia, questo non implica necessariamente una riduzione del grado alcolico, che attualmente si attesta attorno ai 15 gradi, bensì una maggiore valorizzazione e promozione del prodotto. Marchesini, pur riconoscendo che alcuni produttori stanno sperimentando con vini a minor grado alcolico, avverte che i cambiamenti climatici rendono più difficile ottenere un Amarone con un grado alcolico inferiore.

Il Valpolicella, invece, ha un’importante opportunità davanti a sé: attrarre i giovani consumatori. Questa fascia demografica è fondamentale per il futuro del mercato vinicolo, e il Valpolicella deve uscire dal ruolo di “secondo piano” rispetto all’Amarone e al Ripasso per conquistare nuovi palati. Marchesini è fiducioso che il Valpolicella possa trovare spazio nei mercati emergenti del Sud Est asiatico e in Brasile, dove il recente trattato di libero scambio con il Mercosur potrebbe aprire nuove porte.

Legame con il territorio

Un altro elemento fondamentale per il successo dell’Amarone è il legame con il territorio, in particolare con la città di Verona. Con il 18% del patrimonio vitivinicolo della Valpolicella che ricade nel veronese, è essenziale che l’Amarone venga sempre più associato alla città scaligera. Tuttavia, per raggiungere questo obiettivo, è necessario investire di più nell’enoturismo. Marchesini ha sottolineato che le cantine devono impegnarsi di più per attrarre visitatori e turisti, approfittando anche del riconoscimento UNESCO per la tecnica dell’appassimento, che potrebbe valorizzare ulteriormente il territorio.

In questo contesto, l’idea di legare il nome dell’Amarone a Verona emerge come una possibilità interessante. Flamini suggerisce che Verona, quale 19esima città italiana per presenze turistiche, debba diventare il punto di riferimento per il brand Amarone, sfruttando la notorietà della città per attrarre un turismo elitario. Al momento, l’unico utilizzo del riferimento geografico è riservato ai vini dell’Igt Verona, non inclusi sotto la tutela del Consorzio, il che solleva interrogativi sulla necessità di una maggiore coesione nella promozione dei vini della Valpolicella.

Sebbene il Consorzio attualmente escluda l’idea di creare una Doc Verona, le dinamiche di mercato e la crescente attenzione ai vini di territorio potrebbero far evolvere questa posizione in futuro. I vini di metodo possono essere prodotti ovunque, ma i vini di territorio hanno una connessione unica e inimitabile con il loro ambiente.

Questa strategia di segmentazione e valorizzazione delle diverse denominazioni non è solo una questione di marketing, ma rappresenta una vera e propria opportunità per preservare e far crescere l’eredità vitivinicola della Valpolicella. Con un approccio focalizzato e consapevole, il Consorzio può garantire che Amarone, Ripasso e Valpolicella non solo coesistano, ma prosperino in un mercato sempre più competitivo e globalizzato.

Redazione Vinamundi

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