Il vino

Barolo, ecco come si produce il celebre vino piemontese

Chi non conosce il Barolo? Anche i non addetti ai lavori ne avranno sentito almeno una volta parlare e, con ogni probabilità, ne hanno anche bevuto un bicchiere del Re dei vini rossi piemontesi, considerato tra i più celebri dell’enologia nostrana.

Ma non tutti sanno come si fa il Baroloquali sono le regole da rispettare per la sua produzione. Scopriamolo insieme iniziando con una piccola curiosità: la domanda come fare il Barolo è una delle domande sul vino maggiormente digitate sui principali motori di ricerca!

Come si fa il Barolo?

Per sapere esattamente come produrre il vino rosso Barolo, bisogna leggere attentamente il suo disciplinare di produzione, dove si trovano tutte le regole che tutti i produttori devono rigorosamente rispettare.

Foto | Tenuta Marchesi di Barolo https://marchesibarolo.com/

Iniziamo con il dire che i vini della DOCG Barolo possono essere prodotti nelle seguenti tipologie:

  • Barolo
  • Barolo Riserva
  • Barolo e Barolo riserva più la menzione geografica aggiuntiva con possibile aggiunta della menzione vigna seguita dal toponimo.

Per produrre il Barolo Riserva è necessario un periodo di invecchiamento superiore rispetto alla versione base. La domanda chiave però per capire come si fa il Barolo è quale vitigno si deve utilizzare e qual è la base ampelografica dei vini Barolo.

Ecco, i vini Barolo, in tutte le tipologie, devono essere ottenuti in purezza da uve Nebbiolonon sono ammessi altri vitigni complementari.

Inoltre, il Barolo si può produrre soltanto in specifici territori nella provincia di Cuneo, all’interno di 11 comuni: nello specifico l’area di produzione comprende tutto il territorio dei comuni di Barolo, Castiglione Falletto, Serralunga d’Alba e parte del territorio dei comuni di Monforte d’Alba, Novello, La Morra, Verduno, Grinzane Cavour, Diano d’Alba, Cherasco e Roddi.

Ma andiamo ora a vedere le norme sulla viticoltura e la vinificazione che devono essere seguite e rispettate per produrre il Barolo.

Innanzitutto, il disciplinare stabilisce che i vigneti dove si coltivano le uve Nebbiolo devono essere posti ad un’altitudine compresa tra i 170 metri s.l.m. e i 540 m s.l.m. I terreni devono essere di carattere argilloso e/o calcareo e devono essere ben esposti. Il Nebbiolo deve essere coltivato secondo i metodi tradizionali con potatura a Guyot e forma di allevamento a spalliera.

Inoltre, la resa massima di uva ad ettaro di vigneto per produrre le tipologie di vini Barolo e Barolo Riserva, anche con menzione geografica aggiuntiva, deve essere di 8 t/ha per un titolo alcolometrico volumico minimo naturale di 12,50% vol. Nel caso di vini Barolo con menzione geografica aggiuntiva e menzione vigna la resa massima d’uva è di 7,2 t/ha per un titolo alcolometrico volumico minimo naturale di 13,00% vol. (Per vigneti con meno di sette ani d’età e in caso di annate sfavorevoli sono previste norme ancora più rigide).

Tutte le operazioni di produzione del vino Barolo devono avvenire negli 11 comuni del Barolo, anche se il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali può consentire che tali operazioni vengano effettuate in altre aree.

Per la sua vinificazione si seguono le classiche fasi della vinificazione in rosso con fermentazione alcolica e macerazione. Ci sono, in ogni caso, alcun rigide e specifiche norme che i produttori devono seguire.

La resa massima di uva in vino pre-invecchiamento dovrà essere al massimo del 70% che scende al 68% post-invecchiamento.

Il periodo di invecchiamento dei vini Barolo, a seconda della tipologia, è il seguente:

  • almeno 38 mesi, di cui almeno 18 in botti di legno, per il Barolo.
  • almeno 62 mesi, di cui almeno 18 mesi in botti di legno, per il Barolo Riserva.

L’immissione al consumo non deve avvenire prima del 1° gennaio del quarto anno successivo alla vendemmia per la tipologia Barolo e prima del 1° gennaio del sesto anno successivo alla vendemmia per la tipologia Barolo Riserva.

Si otterranno così vini rossi che, come si legge nel disciplinare, sono “armoniosistrutturati e longevi. […] A rendere importante il Barolo era ed è la sua struttura che esprime un bouquet complesso e avvolgente, in grado di svilupparsi nel tempo senza perdere le sue caratteristiche organolettiche”.

Le cantine più famose del vino Barolo

Le cantine piemontesi che producono e commercializzano Barolo sono numerose e che spesso affondano le loro origini molti anni fa e che sono a conduzione familiare.

Photo by Marieke Kuijjer licensed under CC BY-SA 2.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0/deed.en)

Iniziamo dalla Cantina Francesco Borgogno, attiva dal 1930: vinifica solo le uve provenienti dai suoi vigneti che si trovano in una delle migliori posizioni di La Morra e cioè il “cru” delle Brunate.

Tra le migliori cantina produttrici di Barolo segnaliamo anche l’Azienda Agricola Vajra, a conduzione familiare: una delle più belle realtà della zona, e ancora  l’Azienda Agricola Chiara Boschis che vanta circa 11 ettari di terra situati tra le migliori zone di produzione del vino Barolo. Anche questa cantina, come tante della zona, vinifica solo le uve di sua proprietà per garantire un prodotto di altissimo livello.

Ai piedi del Castello di BaroloCascina Adelaide, è una cantina con struttura visionaria e metaforica, disegnata dagli architetti Ugo e Paolo Dellapiana dello studio Archicura di Torino con approccio ipogeo, così da fondersi con il paesaggio e risparmiare energia e permettendo ai vini di invecchiare al meglio.

Giulia De Sanctis

Laureata in Comunicazione e Valorizzazione del Patrimonio Artistico Contemporaneo, collaboro attivamente con riviste e testate web del settore culturale, enogastronomico, tempo libero e attualità.

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