Il vino

Asprinio di Aversa, le caratteristiche del vino

Nell’agro aversano, sito tra le province di Caserta e Napoli, si trova un vero e proprio museo naturale a cielo aperto, con la vista di vigneti che spiazza e conquista, racconta la tradizione e dona vino originale e buono.

Parliamo delle monumentali vigne ad alberata dell’Asprinio, varietà a bacca bianca che qui ha messo radice per mano etrusca o per conto di Louis Pierrefeu, cantiniere di Roberto d’Angiò: fu lui a individuare da queste parti i suoli ideali per garantire alla corte normanna un degno sostituto dello Champagne.

Le antiche vigne ad alberata dell’Asprinio

Quello che sappiamo è che si tratta di viti secolari, per lo più a piede franco – quindi non innestate -, ceppi tarchiati e possenti, i tralci come lunghe braccia magre, nodose, a loro volta decennali, imparentati con gli olmi e soprattuto con i pioppi, divenuti il loro naturale sostegno per puntare all’infinito.

Li vedi salire su a formare pareti verdi, alte fino a quindici metri, fitte di foglie e trapuntate di luce, dove si celano gioielli scintillanti sotto forma di grappoli.

Bicchiere di Asprinio di Aversa – Unsplash – vinamundi.it

Grappoli prima spargoli (cioè con acini distanti), poi più compatti e serrati, che chiamano la mano e le virtù dell’uomo per essere raccolti: la vendemmia è opera acrobatica di abilità e di tecnica, svolta con il supporto dello “scalillo”, una scala in legno che si addossa all’alberata (a conti fatti una versione mastodontica delle viti “maritate”, in passato diffuse anche in Toscana) per salire in alta quota con il cesto (anzi, con la fercina) che condurrà a terra il frutto da cui si ottiene l’Asprinio.

“Non c’è bianco al mondo così assolutamente secco come l’Asprinio: nessuno” scriveva Mario Soldati, “Profuma appena, e quasi di limone: ma, in compenso, è di una secchezza totale, sostanziale, che non lo si può immaginare se non lo si gusta”.

Esperienza e metodi di vinificazione hanno addomesticato quella secchezza e valorizzato i tenui, delicatissimi profumi di camomilla, in combutta con la nota agrumata che rimane il timbro della varietà. Varietà allevata anche con sistemi più moderni e redditizi ma che conserva nell’alberata il suo valore identitario, nonché un’espressività produttiva non riscontrabile altrimenti.

“Convertire a spalliera è più semplice, più redditizio”, racconta Salvatore Martusciello, uno dei produttori più rappresentativi della zona, “ma così facendo non si perde soltanto la storia: l’alberata è un metodo di coltivazione eccellente per la spumantizzazione, perché l’uva concentra meno zuccheri e conferisce meno alcol, più acidità”, specialmente quando il grappolo è nato molto distante da terra.

I disciplinari delle denominazioni DOC prevedono al loro interno specifiche tipologie di vino, che si caratterizzano per la loro composizione ampelografica, ossia per i vitigni ammessi per la loro produzione, per le procedure di vinificazione e per le specifiche caratteristiche organolettiche del vino.

I vitigni che rientrano nella composizione del vino Aversa Asprinio DOC sono Asprinio min.85%, altri. Le caratteristiche organolettiche del Aversa Asprinio DOC prevedono un colore Giallo paglierino. Il profilo olfattivo del vino Aversa Asprinio DOC è Fruttatocaratteristico e al palato risulta seccofresco.

Ad oggi la superficie totale dell’intero comprensorio iscritta a Doc Asprinio – riconosciuta nel 1993 in area delimitata tra Caserta e Napoli – si aggira sui 32 ettari e le uve sono per lo più destinate proprio agli spumanti.

“Si pensi che i primi furono prodotti dalla mia famiglia oltre 35 anni fa” ricorda Martusciello a Cibo Today, e quella tradizione rivive ancora oggi nel suo sublime Trentapioli, dove il nome è un omaggio ai circa trenta appoggi del scalillo.

Cesare Avenia è presidente di VITICA, il Consorzio Tutela Vini Caserta e ricorda che se da un lato il progresso mette a repentaglio le alberate aversane, dall’altro noi dobbiamo mirare a preservare quelle esistenti e fornire gli strumenti idonei per chi intende crearne di nuove: apprendere e tramandare la storia per rinverdirla, affinché sia anche uno stimolo per i giovani”.

Non mancano ovviamente i produttori che si impegnano sulla strada della tradizione e della qualità che non hanno pregiudizi sull’innovazione e che hanno ben chiaro in mente il percorso che li ha portati alla tutela di un patrimonio tanto prestigioso.

Un esempio? La cantina I Borboni della famiglia Numeroso, già tenutaria di vigne ad alberata nella seconda metà del Settecento e dedita al recupero delle citate grotte, scavate a 15 metri di profondità sotto le dimore padronali.

Rivolta è il nome del loro Asprinio frizzante da metodo ancestrale, affiancato da uno spumante brut e dal Cripto, ottimo metodo classico millesimato.

Si chiama invece Terramasca l’extra brut di Drengot “dal vitigno che tocca il cielo”, Hera è l’asprinio di Cavasete in omaggio alla dea del matrimonio (perché di vite maritata stiamo ancora parlando), le cantine Magliulo hanno semplicemente un Asprinio e un Asprì, mentre è proprio L’Alberata il nome del bianco vinificato in terracotta dalla Tenuta Fontana.

Parliamo infine dell’asprinio di Aversa Vite Maritata de I Borboni, prodotto in vigneti situati nell’Aversano, nella terra Campana e prodotto al 100% con uve di tipo Asprinio, vendemmiate manualmente a cavallo tra settembre e ottobre.

La fermentazione avviene in vasche di acciaio a temperatura controllata per 15 giorni; successivamente l’Asprinio, affina per 6 mesi negli stessi recipienti e, infine, per 30 giorni in bottiglia.

La Vite Maritata de I Borboni è di colore giallo dorato, porta al naso profumo di agrumi, arancia e fiori, arricchiti da note erbacee. Al palato, invece, risulta fresco ed equilibrato.

Questo vino bianco è perfetto da abbinare a frittura di pesce, magari le famose alici di Cetara, e alla pizza. Storico e rinomato, inoltre, l’abbinamento con la Mozzarella di Bufala Campana.

Anche la Masseria Campito di Gricignano d’Aversa custodisce vigneti ad alberata, producendo esclusivamente vini da Asprinio provenienti dai 6 ettari vitati di proprietà.

Nel loro palmarés troviamo l’Asprinio di Aversa DOC Atellanum, un vino bianco fermentato in vasche d’acciaio per 3 mesi che risulta fresco e acidulo, con un tipico sapore di scorza di limone, mela bianca e fiori gialli; Asprinio di Aversa Spumante Brut Drengot, 6 mesi metodo Charmat, bollicine fini e di nuovo freschezza, salato e giovane. Infine la veste migliore dell’Asprinio: Asprinio di Aversa Spumante Metodo Classico Priezza, 40 mesi Metodo Classico morbido e complesso, con un grande sapore di lievito e il suo particolare gusto di agrumi.

Giulia De Sanctis

Laureata in Comunicazione e Valorizzazione del Patrimonio Artistico Contemporaneo, collaboro attivamente con riviste e testate web del settore culturale, enogastronomico, tempo libero e attualità.

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